Se guardo a tutta la sterminata distesa di immagini rigorosamente professionali (1) che rivestono come tante piastrelle il sito sterminato dell'archivio di Maria Morganti, non posso che rimanere sconcertato, perchè tutte quelle tessere colorate non restituiscono un'unica superficie viva e vibrante di un oggetto vero, ma sembrano una distesa uniforme dove ogni punto di vivacità, acutamente al di sopra o vertiginosamente al di sotto di una media statistica, si uniforma ad una melma scura (2), mediana se non mediocre. Non è inquietante che proprio ad un'immagine melmosa è affidato il primo sguardo al sito-autoritratto che ci vuole avvicinare all'opera di Maria?
Voglio andare contro a questo desiderio di distacco da sè, di aspirazione impiegatizia a riguardarsi allo specchio il più freddamente possibile (3). A questa aspirazione legittima dell'artista si deve contrapporre il ritratto che noi, suo pubblico potenziale, le possiamo fare rileggendo liberamente la sua opera dal nostro punto di vista: il più emotivo e il più infantile possibile, il più materico il più spaziale anzi architettonico; perchè i suoi quadri non sono mai delle superfici, ma dei piani di volumi possibili, sedimenti di storie avventurose e nascoste, dove molto è mostrato, ma tutto è rimosso o appiattito.
Prima cosa che manca è la figura (4), e le storie raccontabili dai personaggi descritti. Con molto narcisismo solo la mano e la vista della pittrice testimoniano una presenza umana. Ma potremmo forse un giorno scoprire che dietro a tutte quelle metodiche stesure uniformi e a tutto quel colore sempre diverso c'è stato solo l'accanimento di un ben nascosto lavorante a cottimo a cui Maria telefona ogni tanto dal bar dove si prende beatamente uno spritz. Persino una scimmia ammaestrata ci riuscirebbe, su abile istruzione della pittrice, ma niente di così picaresco ci stupirà mai. Maria non vuole stupire, ci vuole convincere con la sua caparbietà e candore. Questo sì è l'opposto della mediocrità, questa ostinazione è massimale.
Ma l'ostinazione le fa dimenticare il nostro diritto a costruirci un punto di vista diverso da quello dell'autrice rispetto alle sue opere. I suoi quadri voglio vederli di sbieco e non solo di fronte (5); voglio vedere il riflesso della luce sulle superfici, voglio giocare con la disposizione spaziale degli elementi quando scelgo di seguire una serie, voglio essere libero di godermi la materia della pittura da distanze differenti. Per questo motivo un'opera irrinunciabile per apprezzare Maria pittrice è il suo intervento permanente alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Per niente intimorita dallo spazio non facile e tutto sommato irrisolto disegnato da Mario Botta nel palazzo antico, Maria costruisce una sua architettura dipinta e colorata, così naturale e così classica da sembrare preesistente e già fusa con tutto il resto; dove per "resto" parliamo di Carlo Scarpa (6) e Venezia in generale... Solo andando ostinatamente contro la mediocrità si creano i presupposti per una qualità umana e una sensibilità così forte.
Non è facile estrarre dall'archivio www.mariamorganti.it il materiale che porti una sensibilità altrettanto libera ed intensa, il ritegno dell'artista ha messo tutto sullo stesso piano, con un sentimento di modestia e imparzialità. Con la scusa di non nasconderci nulla, tutto è presentato con la stessa luce e senza nessun risalto.
Ho accusato Maria di atteggiamento autolesivo e addirittura di insensibilità verso il suo pubblico; che viene sommerso da migliaia di parole o apparati e da timide immaginette. Le ho proposto di provare ad estrapolare qualcosa di differente e di radicalmente lontano dall'impostazione dell'archivio, che stia su un altro piano rispetto allo griglia ossessiva di mariamorganti.it.
Ha preso la palla al balzo, mi ha arruolato sul campo e adesso mi ritrovo a visionare interminabili videate visitando TUTTI i meandri del sito. Alla ricerca di opere, immagini, indizi e processi, imsomma tutto quello che mi permetta di distillare il meglio e l'irrinunciabile della sua opera; in barba alla melma, alle scansioni temporali, alle ripetizioni, alle ricette, agli "Statement" e alle "Notizie", ai "Documenti". Voglio potermi permettere la mia personale collezione virtuale di "Morganti" dimenticandomi di Maria e bla-bla-bla, bla-bla-bla, bla-bla-bla...
Riaccompagnata al bar dei suoi beati spritz (7) e corrotto il suo infedele lavorante e custode dello studio ci facciamo aprire tutti i cassetti e tutto il magazzino, rovistiamo in mezzo a tutte le opere e ci costruiamo così la nostra lista ideale delle opere che ci vorremmo godere. Questo è il senso della mia proposta di "visita guidata" che sto costruendo in alternativa al voracissimo menù di mariamorganti.it/home (8).
Note
1. Quasi tutto è fotografato da Francesco Allegretto, imparziale e fedele custode del colore che riesce a trasmetterci molto anche della materia della pittura, ma come sempre la fotografia non riesce ad essere un perfetto testimone dell'arte.
2. Citando Maria è solo lo sgocciolio dai pennelli che si puliscono un po' per poter dipingere di nuovo. Ma altri attrezzi non ne usa? Potremmo proporre spray, rulli, spatole, colore in fogli, in pellicole, in lamine. Per ora si è divertita con pongo, polveri, spugne, e pietre, il segno di un risveglio.
3. Per fortuna Maria sorride sempre, ed anche se potrebbe sembrare ripetitiva e monotona non è mai noiosa.
4. Qualche figura è comparsa in lontani disegni da opere di maestri del passato, ma sono solo fantasmi di opere che si disfano.
5. Esemplare è stata la mostra "L'unità di misura è il colore" a cura di Chiara Bertola al Museo di Castelvecchio a Verona nel 2010. Per fortuna qualche volta un quadro è collocato sopra porte di passaggio, come succede tuttora nella Fondazione Querini Stanpalia di Venezia. E in qualche caso le opere si vedono perfino da dietro come in "Storia di un quadro" ed. Corraini, Mantova, 2006, libro d'artista in collaborazione con Barry Schwabsky, o si dispiega la loro stratigrafia come nelle microfotografie del "Quadro infinito".
6. Maria ha la fortuna non solo di vivere a Venezia ma di abitare addirittura in una casa disegnata da Carlo Scarpa.
7. Non vorrei farvi pensare a una Maria che preferisce il bar allo studio, non è così, è la sua città che costringe ad un continuo esercizio fisico e stress mentale, mitigato per tradizione dall'onda alcolica.
8. Ringrazio Maria e Roberto Boldi per la collaborazione al progetto per il sito mariamorganti.it