Lo sdoppiamento del “Luogogesto”, ovvero dello studio, è il “Sostituto” costituito da riproduzioni fotografiche e superfici pittoriche che cambiano continuamente perché dipingo sempre un nuovo colore. Lo spazio che dà la possibilità di portare il gesto anche fuori dal luogo privato e di perpetuarlo senza interruzione. Il modo per manifestare la processualità che di solito è mantenuta solo come atto nascosto e privato evidenziando la trasformazione dell’opera nel tempo.
Come portar fuori la propria intimità? Come far girare nel mondo la propria interiorità collegando l’interno con l’esterno? Come mantenere integro il senso in un’opera cristallizzata se ciò che faccio può essere descritto soltanto da parole come precarietà e transitorietà? Come non bloccare in un’immagine definitiva qualcosa che per sua natura va avanti attraverso un perpetuo movimento provvisorio? Come evidenziare il gesto rispetto all’oggetto pittorico? Come far capire che quello a cui do più importanza è l’andamento piuttosto che il perseguire una forma definitiva?
Ho voluto trascinare fuori dallo studio il processo che si è andato a definire precisamente nel tempo: ogni giorno, con regolarità formo un colore nella "Ciotola", quando è pronto lo stendo su delle superfici: il "Diario", il "Quadro Infinito" e alcune volte su una "Sedimentazione". Tutta la materia pittorica che si forma lentamente negli anni viene contenuta dentro agli "Archiviatori".
Ho immaginato un’opera-sintesi del mio lavoro che nasce da un’evocazione e un raddoppiamento del "Luogogesto", il nucleo centrale dove avviene quotidianamente la mia azione pittorica. L’ho chiamata il "Sostituto" e contiene al suo interno gli elementi che compongono il mio universo.
Ho creato un doppio della “Ciotola” per poter continuare a generare il colore all’interno di questo sistema. Ho incluso le riproduzioni fotografiche degli "Archiviatori": il "Sedimentario", il "Quadro Infinito", la "Diarioteca" e la "Casa Diari Papà" ovvero le strutture che conservano al loro interno tutta la materia che si è formata durante il corso dell’esistenza. E infine ho aggiunto le Impronte: il "Pavimento" di cemento elastico, la foto del retro del "Sedimentario" e quella dell’ "Impronta Diari" cioè le superfici su cui avvengono quotidianamente le azioni pittoriche.
Al suo interno si vede continuamente cambiare colore attraverso lo stratificarsi della pittura sul "Supplente" (raddoppiamento del Quadro Infinito), sullo "Sdoppiamento" (raddoppiamento del Diario) e sulla "Sedimentazione" presenti fisicamente nello spazio e appesi direttamente sulle foto delle loro impronte. Il "Sostituto" è lo slittamento dello studio da un punto ad un altro punto, dello spazio raccolto, intimo e privato verso uno esterno che lo possa accogliere.
È lo spostamento del gesto, di solito fatto in un luogo isolato, qui riattivato in un luogo pubblico, non protetto. (Forzando un po’ l’interpretazione forse si può anche dire che è un modo per passare dalla misantropia all’incontro con il mondo che sta fuori di me.)
Un po’ come in una rappresentazione dello spazio scenico, l’azione si compie dentro una specie di piccola arena. Riprendo la mia consuetudine: spalmare del colore sulla superficie, lasciare traccia del proprio gesto. Questo insieme di elementi funge un po’ come da palcoscenico tipo quello dei teatri ambulanti che si rianima di volta in volta su una piazza differente per riattivare il rito. Un teatro senza spettatori, non è infatti l’aspetto performativo che mi interessa, non quello cioè di esibire l’atto al pubblico, ma di rendere il pubblico testimone di una trasformazione continuamente in atto. La presenza umana viene evocata nel modificarsi dell’opera.
Il "Sostituto" è lo spazio traslato dove riattivare il movimento della mano che non si deve interrompere mai; un atto che è esistito sempre, a qualsiasi costo e che deve per forza essere protratto; un’azione che è già successa e che deve essere riattivata senza sosta, in ogni momento. Un gesto permanente a cui si deve dare fiducia e creargli la possibilità di essere procrastinato all’infinito, anche al di là della mia singola vita.
Un momento bloccato nel tempo attraverso uno scatto fotografico viene riattivato attraverso gli oggetti concreti della pittura che cambiano in continuazione. È il modo per modificare il ricordo, per riattivare la memoria e per rivitalizzare un tempo bloccato nell’immagine di sé stesso. È la rigenerazione di un tempo altresì interrotto che individua la possibilità di andare avanti, oltre. È qualcosa avvenuta nel passato, che accade ora nel presente e potrà essere sempre perpetuata nel futuro. Si diventa tutti testimoni di un’opera mai definitiva sempre in trasformazione. In fondo quest’opera, così come tutta l’essenza del mio lavoro, è un tentativo di rappresentazione del tempo.
Si può aggiungere infine che in questo lavoro si parla anche di simultaneità perché il "Sostituto" e il "Luogogesto" coesistono, quando uno non c’è l’altro lo sostituisce. La sostituzione da la possibilità di fare e di non interrompere mai, comunque, il gesto.
La storia del "Sostituto" è iniziata a Torino alla GAM in occasione del progetto "Diari tra diari". Da quel momento ha passato una serie di trasformazioni e precisazioni.
Il "Sostituto" può essere riattivato di volta in volta in maniera diversa. Ogni parte è smembrabile e può essere allestito anche solo parzialmente. L’opera prende ogni volta una forma differente per adattarsi ai luoghi che la ospitano. Se si vuole installare il "Sostituto" interamente è meglio avere una doppia parete ad angolo dove appendere l’impronta del diario, il retro del "Sedimentario" e il "Supplente". Tutto può essere sviluppato su di uno stesso piano, appeso su una parete unica oppure a formare uno spazio tridimensionale utilizzando le fotografie come fossero quinte teatrali. Può ricostruire un luogo chiuso riproducendo le dimensioni precise del mio studio o allargarsi in uno spazio più aperto, dilatato. Il pubblico potrebbe calpestare il pavimento ed entrare nello spazio oppure rimanerne fuori e guardarlo come un’immagine distaccata.
Potrebbe rivivere di volta in volta in situazioni molto diverse come ad esempio: una residenza per artisti, un luogo di culto sacro, un museo, lo studio di un altro artista, una casa privata, la mia casa… Alcune volte potrebbe capitare che debba sostituire il luogo di lavoro stesso all’interno del mio studio. Potrebbe capitare cioè che gli Archiviatori debbano viaggiare e allora il Sostituto rimarrebbe qui a farne le sue veci.
Mi piacerebbe prima o poi accostare al "Sostituto" il "Luogogesto" portando l’originale e il suo doppio.
Se il "Sostituto" verrà ospitato all’interno di Musei mi permetterà di mettermi a confronto diretto con altre opere, cioè di dipingere delle Sedimentazioni in prossimità di altri quadri, ispirandomi ai colori delle loro collezioni. Un po’ come avevo fatto nel 2007 per la Fondazione Querini Stampalia, ma in questo caso lavorando direttamente sul luogo e non nello studio.
Da quando il “Luogogesto” nel 2020 si è completato con l’aggiunta di strutture che lo tengono rialzato dal pavimento, si è creata una sostanziale discrepanza con il “Sostituto” rimasto invece collocato a terra.
La differenza che si è andata a creare tra il “Sostituto” e il “Luogogesto” è praticamente la stessa che si trova tra il teatro di strada e il teatro da palcoscenico. Il “Sostituto” rimane a terra tra la gente, il “Luogogesto” invece si solleva, si pone più in alto e distaccato dal resto.
Si rovescia il concetto di monumento pubblico.
Di solito il monumento è posto in uno spazio aperto, comune, qui invece quando si personifica nel “Luogogesto” si innalza, ma rimane al chiuso, nello spazio privato.
Di solito il monumento pubblico sta sì tra la gente ma posto su una base che lo tiene distaccato, qui invece, quando indossa i panni del “Sostituto” scende dal piedistallo, esce fuori dallo studio, si pone alla stessa altezza delle persone e le invita ad attraversarlo al suo interno.
(Scritto nel 2018)