Sono nata a Milano nel 1965 e mi sono formata tra Milano e New York, studiando al Liceo Artistico Statale (1979-1984), alla N.Y. Studio School (1985-1986) all'Accademia di Brera (1986-1989) e alla N.Y. University (1989-1990), ma soprattutto stando accanto agli artisti. Dal 1992 vivo insieme a Luca a Venezia con periodici soggiorni sull'isola di Pellestrina.
Tutto il mio percorso è determinato dagli incontri che si sono succeduti nel tempo. Per questo desidero partire dall’elencare le relazioni familiari e definendo chi sono in due parole, provo ad evidenziare, per ognuno, la piccola parte che li riguarda che si è innescata nella mia essenza. Mio padre (Piero Morganti), giornalista e sindacalista in difesa dei lavoratori, ha espresso il suo nucleo nella stesura di un lungo diario che ha coperto tutto l’arco della sua vita. Mia madre (Mia Mendini), insegnante, femminista, si è occupata del pensiero delle donne e ha attivato diversi gruppi di persone animando discussioni e lavori collettivi. Lo zio Sandro (Alessandro Mendini) architetto, designer ha pensato e scritto molto accanto a tutto il suo lavoro visivo e progettuale, in una delle sue mille riflessioni ho trovato queste parole: “qualsiasi mia azione intellettuale e culturale è basata sulla mia esistenza, ed è di tipo sentimentale.” Zia Mini (Marieda Boschi Di Stefano), sorella di mia nonna, ceramista e collezionista d’arte moderna, ha continuato la collezione, cominciata da suo padre, insieme a suo marito rendendola pubblica, attraverso un lascito, nel museo che ha sede proprio nella casa dove sono nata e cresciuta a Milano. È lei che da bambina mi ha fatto toccare con piedi e mani la prima materia: l’argilla. Mio marito Luca (Pes) storico, studia la storia del tempo presente, anche a partire da quella passata, osservando la realtà, basandosi sia sulle fonti orali che quelle archivistiche e dedica la maggior parte del suo tempo all’insegnamento, creando di volta in volta delle micro-comunità con studenti e docenti provenienti da tutto il mondo. Per ultimo, solo per ordine di apparizione, mio figlio, Piero (Pes), nato nel 2001, che preferisco non definire in alcuna visione prestabilita. Sarà lui che a poco a poco troverà il modo di autorealizzarsi e autodeterminarsi, come ho cercato di fare io, trovando, eventualmente, a sua volta un nesso con la mia storia.
La frequenza negli studi e il confronto con gli altri artisti sono stati, da sempre, fondamentali. Dagli artisti/insegnanti conosciuti durante i tempi della formazione che hanno contribuito a porre le basi del mio ragionamento: Carmengloria Morales, che nel suo “Dittico” ha risolto all’interno dell’opera stessa la coesistenza del farsi e del pensarsi della pittura, Frederic Matys Thursz che ha portato davanti agli occhi la materia densa e fisica della pittura e Angiola Riva Churchill che attraverso la totale dedizione ai suoi studenti ha dato fiducia alla possibilità che il gesto pittorico possa essere spinto in avanti e continuato all’infinito. Fino a tutti gli amici/artisti di diverse generazioni, con cui ho condiviso o condivido tutt’ora, riflessioni, spazi di vita e di lavoro. Negli anni ho collaborato, invitandoci nei nostri progetti e seguendo le nostre reciproche attività, con, tra i tanti altri: Carla Accardi, Stefano Arienti, Valentina Berardinone, Luca Bertolo, Simon Callery, Lawrence Carroll, Alice Cattaneo, Elisabetta Di Maggio, Bruna Esposito, Melania Fusco, Mark Harris, Massimo Kaufmann, Joyce Kozloff, Andrea Kvas, Marta Magini, Sabrina Mezzaqui, Cesare Pietroiusti, Giordano Pozzi, Lucio Pozzi, Toni Romanelli, Mariateresa Sartori, Lucia Veronesi, Serena Vestrucci.
Dal 2002 al 2012 ho coordinato a Venezia, prima nel mio studio e poi alla Fondazione Bevilacqua La Masa, gli “Incontri del mercoledì”. Incontri settimanali, solo ed esclusivamente per artisti, dove uno alla volta mostrava, parlava e rifletteva sulla propria opera insieme ad altri colleghi.
Ho realizzato diversi libri d’artista che considero luoghi dove spartire esperienze con altre persone.
Ho pubblicato: “Storia di un quadro” (2006) con "Diario di una poesia” di Barry Schwabsky; “Un diario tira l’altro” (2010) dove affiancando ai miei diari pittorici quelli testuali di mio padre ho coinvolto anche altri autori a ragionare sulla scrittura diaristica; “Mi aiuti a capire cosa sto facendo?” (2014) è la domanda che una madre pone al figlio ed è il titolo del libro fatto in collaborazione con mio figlio; In “Il colore succede, non si provoca” (2016) il filosofo Jean-Luc Nancy reagisce al colore e al pensiero sul formarsi del colore rispondendo con le sue parole; “Diari tra diari” (2019) è la restituzione del progetto di residenza dove ho portato i giovani artisti e diversi autori a misurarsi con il tema del diario; In “L’appropriazione indotta” (2024) coinvolgendo una committente, l’archivista e la consulente legale dell’archivio, ho cercato di mostrare quando si possono creare le condizioni perché un artista possa passare ad un altro il proprio gesto, non solo senza sentirsi sopraffatto, ma addirittura percependone l’ampia lievitazione.
Pensare ad una mostra significa trovare il modo di fare uscire dallo spazio intimo dello studio il proprio mondo per farlo esistere all’interno di uno spazio più ampio, partecipato dagli altri e segnato dalla storia di tutti. Dal 1983 ho esposto in Italia e all’estero in spazi privati e pubblici ufficialmente destinati all’arte e no, uscendo in alcuni casi anche all’aperto. Mi sono confrontata spesso con luoghi fortemente connotati dal punto di vista simbolico, artistico, storico e architettonico, come per esempio un museo di arte antica, dei luoghi di culto, una chiesa sconsacrata, una scuola, una caffetteria, un giardino, una casa, una casa museo e così via.
Dalla prima mostra personale nella galleria di Florence Lynch a New York nel 1996 alla prima istituzionale alla Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia nel 2006 si sono susseguite in ambito museale una serie di monografiche alla Fondazione Querini Stampalia a Venezia nel 2008, al Museo di Castelvecchio a Verona nel 2010 e una serie di collettive dove ho visto affiancato il mio lavoro a quello di altri artisti al Grand Palais di Parigi nel 1993, alla Kunstverein di Ludwisburg nel 2006, al MAMbo di Bologna nel 2013, alla Fondazione Testori di Novate Milanese nel 2014 e nel 2019, all’Accademia Reale di Spagna a Roma nel 2015, alla GAM di Torino nel 2017 e nel 2018, alla GNAM di Roma nel 2021 e alla Triennale di Milano nel 1994 e nel 2023.
La prima mostra personale in cui è stata tirata fuori la questione dell'archivio, a cura di Enrico Camprini, è alla Galleria 'de Foscherari di Bologna nel 2024 e la prima mostra antologica importante in un'istituzione, a cura di Elena Volpato, è alla GAM di Torino nel 2024.
Il confronto con teorici, filosofi, scrittori, critici, storici dell’arte e artisti, inteso come dialogo aperto sull'opera e sul processo è centrale nello sviluppo del mio ragionamento. Seguendo il lavoro nel suo formarsi, scrivendone, parlandone e curando delle mostre mi hanno aiutato a capire quello che faccio, aprendolo e amplificandone il senso: Stefano Arienti, Cristina Baldacci, Marco Baravalle, Chiara Bertola, Luca Bertolo, Riccardo Caldura, Enrico Camprini, Cecilia Canziani, Alessandra Donati, Davide Ferri, Gabriella Giannachi, Barbara Garatti, Ilaria Gianni, Mel Gooding, Susan Harris, Paul Hills, Caoimhìn Mac Giolla Léith, Alessandro Mendini, Caterina Molteni, Stefano Mudu, Jean-Luc Nancy, Francesca Pasini, Andrea Pinotti, Rosella Prezzo, Raphael Rubinstein, Gabi Scardi, Barry Schwabsky, Carla Subrizi, Marco Tagliafierro, Angela Vettese, Giorgio Verzotti, Elena Volpato.
Verbalizzare e scrivere sul mio operare sono una parte integrante del mio procedere. Diverse riflessioni e interviste sono uscite su libri, cataloghi, riviste, comunicati stampa e sono intervenuta in conferenze, parlando del mio lavoro, ritenendo importante far uscire la voce dell’artista in prima persona. A tal proposito ho deciso di inserire nel mio archivio alcuni testi ed alcune conferenze attribuendogli addirittura lo statuto di opera. In particolare, ci tengo a sottolineare il lavoro di scrittura, continuamente in trasformazione, pubblicato nella parte “Autoritratto” di questo sito. Un narrare per pensare, pensare su una pratica, un’azione.
Nel 2010 ho cominciato a lavorare al mio archivio. Nel 2016 l'ho reso accessibile al pubblico tramite la piattaforma online "Un archivio del tempo" e nel 2023 ho fondato il comitato per l'Archivio di Maria Morganti insieme a mio marito Luca Pes, mio figlio Piero Pes, l'archivista Barbara Garatti e le storiche dell'arte Cristina Baldacci ed Elena Volpato. Dal 2024 l'archivio è diventato formalmente un ente del terzo settore.
(Scritta nel 2015, modificata più volte fino al 2023. Aggiornata nel 2024)