I diari di mio padre sono nelle mie mani dall’8 marzo del 1995, giorno della sua morte. Senza alcuna lucida premeditazione, lentamente, negli anni, sono diventati parte integrante della mia vita fino ad arrivare a determinare in maniera fluida e naturale il corso della mia opera.
Dopo averli letti tutti, i trentotto quaderni fitti della scrittura di mio padre, mi sono sempre rimasti accanto appoggiati sul tavolo del mio studio fino a quando ho cominciato a desiderare di costruire una casa che riuscisse contenerli tutti. Ho pensato ad un luogo dove potessero essere conservati, accolti e abbracciati. Quasi fosse una dimora per l’emotività di mio padre.
Nel progettare questo spazio ho tenuto conto di una cosa.
Mi sono concentrata in particolare sul Quadro infinito vedendolo come una figura umana. Da lì mi sono mossa per ideare una rappresentazione del cuore, dell’essenza del papà, attraverso un contenitore di forma vagamente antropomorfa. Ho raddoppiato così il Quadro Infinito mettendo una accanto all’altra le due individualità, quasi come fossero due persone che si prendono per mano. Ho fatto entrare così, come parte strutturante, questo nuovo elemento nella mia cosmologia, accostando fisicamente la traccia del mio tempo esistenziale a quella di mio padre.
(Scritto nel 2019)