MUSEO DI CASTELVECCHIO A VERONA
"L’unità di misura è il colore"
Questa mostra nasce in rapporto agli spazi achitettonici del Museo di Castelvecchio, all’intervento di Carlo Scarpa e alla Collezione del Museo: il primo luogo dell’arte che ho conosciuto e frequentato da bambina.
La mia idea è stata quella di rispettare un'intuizione di Carlo Scarpa. L'architetto spesso ci mostra il retro come fosse il fronte, ci fa vedere quello che di solito non vediamo. Ci porta di fronte passando dal retro. Il dietro diventa il davanti.
Ho interpretato questa sensazione dello spazio e ci sono entrata con il mio gesto pittorico. Ho pensato alla mostra come fosse un attraversamento, una durata, un tragitto, una passeggiata nello spazio entro il quale ogni tanto si apre una relazione tra le mie opere e quelle del Museo.
Disseminare. Indicare. Infilandosi piano piano negli spazi che il museo accoglie, nelle parti che il museo lascia liberi. Mettendomi spesso dietro alle cose, negli spazi che rimangono vuoti. Avvicinandosi alle opere, ascoltando, immetendosi nei vuoti, nelle pause, negli interstizi, nelle fessure, nel retro delle opere, dietro e ai margini. Sparpagliandosi, accumulando e spargendo.
La sedimentazione, l’esperienza che produce materia, il lavoro accumulato nel tempo dentro lo studio si sparge nel museo e prende posto.
1- PARETE ROVESCIATA DAVANTI ALLA SGUARDO DELLA SANTA CECILIA
A piano terra, all'entrata del museo, nella galleria delle sculture ci troviamo alle spalle della “Santa Cecilia”. Il suo sguardo visto da dietro sembra rivolto verso il basso di fronte a sè.
Ho immaginato di riempire lo spazio che lei sembra indicarci con un mio lavoro.
La base di Scarpa si raddoppia. Una parete rovesciata, rosa, dipinta dentro alla stanza assorbendo i colori lì attorno sulla quale si compone un mosaico di Carte-Diario e Carte-Vetri.
L’ idea della variazione, della ripetizione mai identica a sè stessa, del singolo che è un pezzo unico, che è già “un tutto” e che produce un altro senso ogni volta che si mette in relazione ad un altro insieme, si avvicina al tema del modulo in Carlo Scarpa. Il modulo del quadrato usato da Scarpa nel “Sacello” proprio lì fuori, accanto alla stanza della “Santa Cecilia” e allo stesso tempo il quadrato degli stessi mosaici oro che ho utilizzato nel mio lavoro è quello che Scarpa ha usato per esempio negli inserimenti nel cemento dei muri nel giardino alla Fondazione Querini di Venezia. Anche se il mio è un quadrato spezzato dal mio gesto e mai uguale.
2- IMPRONTA (VENEZIA 1998-2010). DIALOGO CON LE SINOPIE DI ALTICHIERO
La carta che proteggeva il tavolo su cui ho lavorato per 12 anni alla mie carte con pastelli ad olio.
Questo lavoro viene collocato nella sala allestita da Carlo Scarpa delle sinopie e dell’ affresco di Altichiero di San Fermo a Verona.
Viene sositutito temporaneamente un frammento di sinopia con la mia “Impronta”.
Le sinopie sono stratificazioni di disegni preparatori per l’immagine finale dell’affresco, una sinopia è il disegno sottostante, ciò che non si vede. Sono rese visibili dalla tecnica dello strappo che ci rimanda la storia stratificata del farsi dell’opera.
La mia “Impronta” è ciò che sta dietro al lavoro. Ciò che non vediamo, ciò che rimane, lo scarto, l’accumulo della materia attorno al farsi della pittura. La stratificazione del tempo, dell’esperienza. La traccia, l’impronta, la sedimentazione del fare di 12 anni. Il luogo che è stato del procedere e del ragionare attraverso il colore si è trasformata in una tavolozza-sindone.
Il contatto che ha generato la traccia, Il contatto di un’assenza secondo la definizione di Didi-Huberman.
Questa "Impronta" sembra essere diventata il luogo in cui si sono formati tutti i colori anche quelli della pittura di tutto il museo.
3- QUADRI PER LA QUERINI A CASTELVECCHIO
Dalla Querini a Castelvecchio.
I quadri concepiti dentro lo spazio della Fondazione Querini a Venezia nel 2008. Nati dal rapporto con la pittura della pinacoteca queriniana vengono ora scaraventati dentro la pinacoteca di Castelvecchio, nella sala della pittura trecentesca. Questo slittamento, questo spostamento cosa provoca? Uno spaesamento? Un ritrovarsi?
Appoggiati dentro il battiscopa scarpiano così come metto le tele appena finite nel mio studio per guardarle, sotto a una serie di tre dipinti che pullulano degli stessi rossi di cui sono costituiti i miei quadri. I rossi rimbalzano da una tela all’altra.
Raso terra le 5 tele ricreano una fascia di pittura orizzontale come quella verde della stanza adiacente che riproduce con un affresco una tenda. Da quella stanza c’è un punto di vista in cui è possibile vederle insieme.
4- DIETRO LA MADONNA DEL ROSETO
Un mio quadro nel retro de “La Madonna del Roseto” .
Il retro che Scarpa ci pone come il davanti ci obbliga per vedere l’opera ad andarci dietro.
Per guardare il quadro di Stefano di Giovanni siamo costretti ad andare dietro al mio e viceversa per guardare il mio quadro siamo costretti ad andare dietro a quello di Stefano di Giovanni. Il dietro diventa davanti e il davanti il dietro.
Il quadro della “Madonna del Roseto”: ori e rossi caldi. Il mio quadro: viola sporcato di argento. Due modi diversi di pensare ai metalli.
Il mio quadro è appeso su un pannello della stessa misura della cornice della “Madonna del Roseto”. Questo retro, questo pannello di legno dipinto da me di rosso diventa il primo strato della mia stratificazione pittorica. Come sempre nella mia pittura il primo strato è rosso. E’ come se dipingessi il primo strato a posteriori. Un ricominciare da capo?
Allo stesso tempo è anche ciò che Scarpa fa nell’allestimento di molti quadri, dà cioè uno sfondo colorato.
5- DENTRO LA CORNICE (ROSSO, GIALLO, ROSA, VERDE)
Due cornici adiacenti progettate da Carlo Scarpa per contenere gli affreschi di Domenico Morone strappati dalla Villa di San Pietro in Cariano.
In una l’ affresco del Morone “I Santi Rocco, Antonio di Padova, Onofrio e Santa Lucia”, nell’altra un mio frammento di parete di carte ispirata allo stesso affresco che sostituisce quello temporaneamente assente dal Museo perchè in restauro.
Qui la cornice inquadra un pezzo di muro: il muro di pittura staccata da un'architettura altrove e il muro delle mie carte.
Il mio intervento si rifà alla struttura scandita in quattro parti delle quattro figure dei Santi, riprendendo e reinterpretando i colori dei corpi delle figure: rosso, giallo, rosa e verde.
Ho concepito l'affresco come se fosse la parte di una pittura che prosegue fuori dallo spazio incorniciato, immaginando un ritmo che continua all'infinito.
Mi sono infilata in una delle due cornici vuote utilizzando le mie Carte-Diario come frammenti di colore, come tessere di mosaico per dipingere sul muro.
L'opera ha preso la forma del dittico. La mia pittura sulla destra ha dialogato con la pittura di Morone sulla sinistra.
6- NEGLI INTERSTIZI (DIETRO LA PALA DI LIBERALE DA VERONA)
Ho utilizzato i miei frammenti di "Sezioni" delle "Superfici" di pongo per inserirmi in un altro materiale.
Dietro un quadro della pinacoteca nella struttura di sostegno del dipinto del Giambono lasciata visibile da Scarpa e costituita da stecche di legno grezze mi sono insinuata negli interstizi, nelle fessure tra i legni, non imponendomi frontalmente, non alterando, ma infiltrandomi con piccoli frammenti di pittura. E' come se il colore da davanti spingesse verso il retro e ne uscisse.
7- CON LA MADONNA DECAPITATA
Ad un certo punto della storia qualcuno ha tagliato la testa a questo quadro. Carlo Scarpa ha immaginato di ricostruirgli lo spazio che è stato tolto.
Io sono entrata dentro a quello spazio. Mi sono inserita in quel vuoto con una mia "Visione laterale" in un dialogo tra la mia pittura e quella di Andrea da Murano.
8- DIALOGO CON GIROLAMO DEI LIBRI: MADONNA DELL'OMBRELLO E IL PRESEPIO DEI CONIGLI
Ho chiesto al museo se ci fossero ancora nei depositi dei cavalletti scarpiani non utilizzati. Me ne hanno trovati due.
Li ho immaginati come muri trasparenti. Questo mi ha permesso di collocarmi con le mie Sedimentazioni di fronte alla pittura che stava alle pareti, creando una stratificazione visiva tra la pittura di Girolamo e la mia.
L'occhio cerca una messa a fuoco tra l'uno e l'altro, tra ciò che sta davanti e ciò che sta dietro, cercando una relazione tra le due parti. Il mio colore sembra diventare l'ingigantimento di uno dei colori del quadro di Girolamo. I due cavalletti sistemati schiena contro schiena, l'uno come se fosse il retro dell'altro, costringono a vedere un quadro alla volta.
(Scritto nel 2010. Modificato nel 2017)