# 16.08
Committente (maria cagnoli)
La crepa traghettatrice
Infilarsi dentro a una crepa, un segno piccolo ma di spessore
“Non c’è stata committenza. Il rapporto è stato un sodalizio.”
(Da un’intervista a Luigi Scatturin a proposito del suo rapporto con Carlo Scarpa)
L’opera che mi è stata commissionata da Maria Cagnoli per la sua casa di Venezia: “Casa Scatturin” di Carlo Scarpa è composta da un intervento di pongo sul muro, da una traccia audio nella quale leggo una lettera diretta alla committente e da un diario di colori che ho dipinto durante il periodo in cui, per entrare in sintonia con il progetto, studiavo un quadro di Tancredi conservato al Museo di Ca’ Pesaro a Venezia.
Il progetto tiene in considerazione i desideri della committente e il fatto che quella casa è stata progettata da Carlo Scarpa, che è stata la casa di Luigi Scatturin e che dentro ci ha passato del tempo anche Tancredi.
Ho cercato i punti nello spazio dove potevo essere poco invadente infilandomi negli interstizi di una crepa e nascondendomi dentro ad un mobiletto progettato da Scarpa.
Un quadro di pongo, stratificato in studio con i miei colori, (mia risposta a quelli di Tancredi) è stato poi sezionato in tante piccole listarelle e si è sviluppato in verticale in una lunga striscia nella parete. É diventato così lo stucco che ha riparato la crepa come se il gesto pittorico diventasse l’elemento per curare una ferita.
Ho poi aggiunto una parte più privata e intima, la lettera, indirizzata alla padrona di casa. Ho deciso di consegnarla in forma audio e non cartacea per aggiungere la mia voce allo spazio, in forma audio e non video per non essere presente con l’immagine del mio corpo.
Ciò che rimane è il gesto di una presenza nello spazio, di un passaggio discreto in quella casa.
AUDIO LETTERA
Venezia, 14 luglio 2018
“Spero di riuscire a farmi capire e che tu non mi fraintenda: l'intenzione non è certo quella di chiederti di riparare una crepa nel muro, bensì di proseguire con il tuo contributo contemporaneo nello spirito che ha animato quella casa, che non è solo una casa di Scarpa bensì un luogo dove Tancredi ha vissuto e probabilmente dipinto, un luogo di incontro e di confronto fra intellettuali di varia natura, pittori, scultori, scrittori, editori, sociologi, musicisti... Quello che mi piacerebbe fare con te è intervenire su quelle mura con un segno che non sia semplicemente una riparazione, ma che costituisca un gesto artistico, in continuità con il grande amore che Scatturin aveva per quella casa. Non posso pensare di essere all'altezza dell'Avvocato, che è stato un uomo di grande visione, curiosità e generosità, ma mi piacerebbe raccogliere il suo testimone e lasciare nella sua casa un contributo, un piccolo segno del nostro passaggio ma che sia di spessore.”
(da la lettera di Maria Cagnoli Barcella a Maria Morganti)
“Cara Maria C.,
accolgo con gratitudine e rispetto il tuo invito e decido di partire da qui, dalle tue parole, dalle tue intenzioni, dai tuoi desideri e poi dal luogo, dall’architettura, ma anche dalle relazioni umane di persone che ci hanno preceduto nel tempo e che questo spazio lo hanno generato, condizionato, determinato: il committente (Luigi Scatturin), l’architetto (Carlo Scarpa) e il pittore (Tancredi). Riprendo le loro parole, i loro pensieri sull’atto del dipingere.”
“Quale era il modo di Scarpa di rapportarsi alla pittura? (…) Lui amava Tancredi che si colloca molto bene in questi spazi. Lui diceva che quando si mette un fiore davanti a un quadro e funziona questo rapporto tra il fiore e il quadro vuol dire che il quadro è buono. Io credo questa fosse un’osservazione molto giusta. Queste opere sono apprezzate senza narrativa, senza che ci sia una narrazione. È come se lei vede una rosa e dice che le piace. È quella che è. L’emozione, l’impressione che lei prova guardando una rosa.”
(Luigi Scatturin)
“Ma uno potrebbe dirmi: Vedi, dunque, che la decorazione non c’entra?. Eppure vi dico che c’è un momento in cui dovrete pur immaginare il cromatismo delle cose – farete pure un pavimento, un soffitto, delle pareti: le volete tutte bianche?”
(Carlo Scarpa)
“In risposta a chi pensa che la forma pittura serva poco alle rivoluzioni, ho questo da dire: fino a che esisteranno i pittori esisterà una possibile forma di Libertà.”
(Tancredi)
Per entrare cerco un appiglio che mi dia una mano ad avvicinarmi con delicatezza e che mi aiuti a portare all’interno di questo complesso rapporto tra persone, arte e storia un piccolo segno della mia espressione.
Mi accosto al linguaggio che più mi appartiene, quello pittorico, come dice Carlo Scarpa c’è un momento in cui dovrete pur immaginare il cromatismo delle cose, e per farlo cerco di entrare in sintonia con l’umore della pittura di Tancredi. Procedo in maniera empatica, comincio a formare i colori a partire dalla tavolozza di Tancredi. Mi soffermo in particolare su un suo quadro custodito nel Museo di Ca’ Pesaro a Venezia, “Composizione astratta. Soggiorno a Venezia” (pittura ad olio su faesite, 93,3 x 127,8 cm), di modo che posso andare a trovarlo liberamente tutte le volte che voglio. Colore dopo colore, giorno dopo giorno tengo una traccia di ogni passaggio su un “Diario” (pittura ad olio su legno, 10 x 100 cm) e in parallelo lavoro ad una “Stratificazione” (pongo su legno, 28 x 18 cm), che assorbe per osmosi la tavolozza di Tancredi. La pittura così si solidifica, diventa una materia che posso prendere in mano.
Ecco il quadro che sezionato si sviluppa dentro la parete. Ecco gli strati di pittura che si infilano all’interno della crepa che andrà, come dici tu, a lasciare un piccolo segno del nostro passaggio prendendosi cura della ferita provocata nel tempo. É la crepa che allargo, che dilato, che trasformo che alla fine si apre per accogliere la mia espressione. Ecco il modo di esporre il gesto. Ecco il restauro determinato dall’atto pittorico che porta avanti l’atto umano, il pensiero umano. Ecco il filo che costruisce il discorso, che cuce, che tiene insieme, che collega la mia storia alla tua storia a quella di Tancredi, di Scatturin e di Scarpa. Ecco la piccola rivoluzione di cui parla Tancredi.
Due punti infine vanno a completare l’intervento nella casa. Il primo è il supporto di legno su cui è stato dipinto il quadro di pongo contenuto in una scatola trasparente e che troverà la sua collocazione naturale da qualche parte nella stanza. Si tratta cioè dell’impronta lasciata dalla “Stratificazione” che si è svuotata per andare ad aprirsi e prendere il suo posto nello spazio, sulla parete.
Il secondo è il “Diario” che verrà custodito e nascosto allo sguardo di tutti i giorni, così come vogliono i diari per loro natura, all’interno di uno spazio segreto progettato da Carlo Scarpa nella stanza adiacente.
“Cara Maria C., nella speranza che quello che dice Scatturin è come se lei vede una rosa e dice che le piace si palesi davanti ai tuoi occhi, ti auguro tutto il meglio per il tempo che vivrai in questo spazio e mi auspico che il tuo pensiero così sensibile e aperto possa essere colto anche da qualcun altro nel futuro per far sì che il filo del discorso possa proseguire ancora.
Con affetto,
tua Maria M.”
(Scritto nel 2018)
(Tutte le foto nella casa sono di F. Allegretto)