INCONTRARE GLI ARTISTI
I MERCOLEDI' DEGLI ARTISTI. VENEZIA, DICEMBRE 2002 – NOVEMBRE 2012
A Venezia nel novembre 2002 un gruppo di artisti ha cominciato ad incontrarsi con regolarità per conoscersi attraverso il proprio lavoro.
I 254 incontri si sono svolti tra il dicembre del 2002 e il novembre del 2012, ogni mercoledì alle 18:00.
Queste le caratteristiche:
- Un artista alla volta mostrava il lavoro ai suoi colleghi.
- Niente pubblico. Tutti sono stati coinvolti presentando il proprio lavoro agli altri.
- Solo artisti. Gli incontri erano riservati solo ed esclusivamente agli artisti. Non era ammessa la partecipazione a galleristi, curatori, critici ecc.
Questo è stato il modo per far sì che gli incontri si mantenessero sul piano del puro scambio tra artisti senza finalità di promozione.
- Nessuna selezione. Chiunque si autodefiniva artista poteva partecipare.
Il giro dei mercoledì ha incluso artisti sia veneziani che di passaggio italiani e stranieri.
Gli incontri si sono svolti per i primi anni nel mio studio. Dopo qualche anno la Fondazione Bevilacqua La Masa ha invitato gli artisti a proseguire nella sede di Palazzetto Tito. L'Istituzione ha solamente accolto l'iniziativa ospitandola. L'organizzazione è sempre stata degli artisti. Anche in questa sede si è mantenuto fermo lo spirito iniziale cioè incontri il cui accesso è riservato solo agli artisti.
UNO SPAZIO PER I SILENTI
Mi piacerebbe immaginare uno spazio per i silenti. Mi piacerebbe che l’istituzione pubblica portasse al suo interno anche uno spazio simbolico che rappresenti il silenzio, la timidezza, la riservatezza. Vorrei provare cioè a immaginare a fare emergere quello che normalmente rimane nascosto, accostato.
Come avvicinare il pubblico all’interiorità? Come portar fuori quello che di solito rimane appartato, celato ma che sta alla base della forma finale di un processo, cioè l’opera? Come possiamo mantenere aperta la possibilità di un confronto tra gli artisti? Come aiutare gli artisti ad incontrarsi fuori dai loro studi, dai loro spazi privati? Come possiamo tenere in vita una voce che spesso rimane solamente un balbettio, una parola sconnessa, un ruminare, un rimuginare, un ragionamento che scorre parallelo al rapporto che l’artista ha con la sua pratica? Come aiutare a mantenere in vita un processo aperto, in continua trasformazione? Come aiutare la ricerca artistica ad andare avanti? Come tenere aperta la possibilità di un confronto tra gli artisti e di un contatto tra le loro pratiche, i loro pensieri?
Credo che per la natura stessa di questo tipo di linguaggio fatto appunto di una parola tentennante, timida, riservata, sia necessario un passaggio intermedio, uno spazio a metà tra quello privato e quello pubblico. Bisogna tentare di immaginare uno spazio intimo all’interno dello spazio pubblico. Per intimo intendo un momento appartato che permetta all’interiorità di esprimersi verso l’esterno. Un angolo riservato che riunisca alcune persone che si riconoscono e ne favorisca l’intesa. Un essere con gli altri, tra di noi.
Mi rendo conto che non sia facile pensare ad uno spazio pubblico che porti al suo interno uno spazio privato, perché si tratta di una contraddizione in termini, uno spazio che esclude addirittura una parte di sé stesso, ma questa forma “chiusa” aprirebbe in realtà, e aiuterebbe a far sprigionare pensieri, parole che altrimenti rimarrebbero inespresse.
Questa modalità di selezione, del riconoscersi tra persone che fanno la stessa cosa in tanti modi diversi aiuta ad una espressione libera che in altro modo non sarebbe possibile.
È solo dopo questo passaggio che se ne può immaginare un altro, da uno spazio intimo ad uno spazio veramente pubblico. Uno spazio che rappresenti una moltitudine d’individui, di artisti che esprimono ognuno con un loro senso un loro mondo.
(Scritto nel 2013)