SCRIVERE SÉ STESSI
“… quello che ho appreso indirettamente ha avuto maggior valore di quello che ho visto coi miei occhi. Anche in letteratura, preferisco l’espressione indiretta a quella diretta. Apprezzo più la narrativa della lirica. Comunque, la lirica mi piace anch’essa; mentre provo meno interesse per quelle forme di confidenza e di confessione che oggi vanno tanto di moda. Lì lo scrittore non è allo stato puro, come erroneamente si è portati a credere: è allo stato grezzo.”
(Dal Diario di Carlo Cassola, Novembre 1969)
“L’identità interna è costituita dalla memoria autobiografica personale. Questa, dal canto suo, si basa su frammenti di memoria che l’individuo lega l’uno all’altro a formare una narrazione.”“Tutte le narrazioni autobiografiche sono retrospettive (…) In questo senso, si può produrre un’autobiografia definitiva solo al momento della morte.”
(Agnes Heller “La memoria autobiografica”)
Dopo la morte dei miei genitori, dopo aver dovuto lasciare le case dove sono cresciuta e dovendo affrontare scatoloni e scatoloni di “cose” da sistemare, ma soprattutto dopo aver lavorato per più di dieci anni alla costruzione del mio archivio ed aver vissuto più di trent’anni accanto ad un marito storico, il mio sguardo, oggi, si è accorto ed è ricaduto su una pagina di miei appunti di ragazza che prendo ora come buona per introdurre questo argomento.
Il documento recita più o meno così:
L’importanza dello studio della storia.
1 – Fatti selezionati; 2- Significativo per me; 3- In funzione del futuro selezione fantastica.
Quando racconto la mia storia faccio una selezione dei fatti più significativi della mia vita per me. Questa selezione però non è certo obiettiva, ciò che la mia mente tende a ricordare, non sono i fatti più importanti, ma i più significativi. Se apparentemente un fatto accaduto molto tempo fa sembra non incidere sul nostro presente, in realtà ha una grande importanza. Il passato è quello che forma noi stessi, è la nostra storia, la nostra vita, noi siamo quello che abbiamo vissuto. È importante anche per la nostra immaginazione, per tutto quello che noi immaginiamo e creiamo nella nostra mente fantastica.
Che cosa significa costruire una rappresentazione di sé stessi? Come mai affrontare questo grande sforzo di riattraversarsi, smontarsi e poi ricostruirsi per riuscire a tirarne fuori una visione compatta? Come tirare fuori un’immagine prima di tutto a sé stessi e poi agli altri di un insieme frammentato di cose? Queste cose formano poi nel loro insieme una massa che può essere definita parte del corpo del proprio lavoro d’artista? Può cioè il dato autobiografico incidere sull’opera dell’artista ed eventualmente come?
Questa sequenza di domande formulano in un certo senso il cammino che ho compiuto nel formare questo spazio che è il mio sito. Nell’insieme potrei dire che quello che si palesa qui dentro è un confessionale, una forma di autorappresentazione e una spezzettata autobiografia costituita da fatti vissuti, rielaborati e reinterpretati. Quello che è continuamente tirato in ballo sono le analisi delle proprie inclinazioni e dei propri modi di essere, le riflessioni costanti sulla pratica e sulle forme che ne sono venute fuori.
Setacciare, filtrare sono le azioni che ho dovuto compiere nell’arco di circa dieci anni per arrivare al succo, al distillato, alla sintesi.
Avere deciso di fare un capitolo che si intitola “Autobiografia. Scrivere sé stessi” è come avere voluto affermare che anche l’artista può in prima persona riflettere e contribuire con la propria parola alla formulazione di un discorso su di sé, sul proprio lavoro, sulla propria poetica. E sottolineo contribuire non definire, perché sono convinta che chiunque possa aggiungere ancora qualcosa o addirittura riformulare questa prima interpretazione che noi diamo di noi stessi.
Quello che mi interessa fare è tenere aperta la potenzialità che abbiamo di scrivere di noi stessi anzichè farlo per davvero. E poi perché in fondo come dice Carlo Cassola nella citazione che apre questo capitolo “quello che ho appreso indirettamente ha avuto maggior valore di quello che ho visto coi miei occhi”.
Aggiungerei infine che quello che ho tentato qui dentro è solo un accenno solo un’idea di autobiografia e non una autobiografia vera e propria. La ricostruzione fatta qui in solitudine in forma di monologo non mi interessa. Quello che mi piacerebbe invece sono le versioni che potranno dare di me gli altri attraverso un confronto, un dialogo, delle interviste, delle conversazioni…
(Scritto nel 2014. Modificato nel 2021, 2024)