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# 21.04

Farsi copiare (mattia dierickx)


Questo capitolo nasce dall’incontro avuto con Mattia Dierickx, studente del Corso di arti visive di Diego Tonus e Daniele Zoico allo IUAV di Venezia, nel mio studio il 21 ottobre del 2019. 
Mattia ha chiesto di incontrarmi per conoscere dal vero e attraverso le mie parole il Quadro infinito dopo che i suoi docenti gli hanno chiesto di “copiarlo” a partire dal senso intrinseco del suo processo e del suo significato. 
 
SPINGERE A COPIARE
Cosa importa ad un essere umano di ripercorrere il tracciato di un altro essere umano? 
Che cosa significa affrontare la questione della “Copia” per un’artista al giorno d’oggi? 
Quali i movimenti mentali che insistono nel voler utilizzare questa forma per la costruzione di un’opera? E come questa forma può essere utilizzata ai fini di un percorso didattico?
Lascio affrontare la questione a Tonus e Zoico riportando qui sotto il testo di presentazione del loro corso.
 
Link al programma del corso di Tonus e Zoico
 
COPIARE
Che cosa significa per uno studente, un giovane artista mettersi di fronte all’opera di un’artista vivente con la quale gli è possibile avere un confronto diretto? 
Che cosa vuol dire sovrapporsi al pensiero di un altro per poi tirare fuori la propria individualità? 
È possibile sentire questo percorso come qualcosa di proprio? 
Dove sta lo scarto tra chi compie il tragitto la prima volta e chi lo ripercorre invece per una seconda?
Lascio raccontare l’esperienza vissuta in prima persona a Dierickx attraverso le sue parole. Riporto qui sotto il suo testo.
 
Link al testo di Mattia
 
FARSI COPIARE
Cosa rappresenta per un’artista il farsi copiare? 
Cosa significa avere gli occhi puntati su di sé? 
Che cosa provoca questo tipo di sguardo ed attenzione sulla propria opera? E cosa nel vedere duplicata la propria forma? 
Cosa genera dentro di sé il fatto che qualcun altro ha tentato di ripercorrere esattamente un solco che hai segnato precedentemente tu stesso?
 
RECIPROCITÁ
Sentirmi riattraversata nel percorso scandito dalla mia esistenza apre la possibilità di non sentirmi unica e sola. Toglie la centralità alla mia opera, sdoppia il gesto e amplifica la sensazione di percepirmi insieme ad un altro.
L’idea che una persona possa ripetere e continuare il mio gesto rendendolo a sua volta la propria traccia individuale, mi dà l’opportunità di provare che quello che faccio è parte di qualcosa condivisibile con un altro individuo. 
Se so che il procedimento di chi mi riattraversa viene vissuto come proprio e rapportato direttamente alla specifica esperienza individuale, e non solamente come qualcosa di estraneo semplicemente da copiare, allora ciò che ne viene fuori, ciò che alla fine vedo davanti ai miei occhi, diventa il modo per me di ritrovare me stessa fuori di me, nell’altro.

(Scritto nel 2019)
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