# 22.10
Accettare (dallo sfregio all’ossequio)
Nei paragrafi precedenti ho parlato di come alcune tecniche e metodi utilizzati nel restauro, studiati per la
conservazione di un’opera, possano diventare degli strumenti per inventare e provocare nuove opere. Ho scritto di
come un evento naturale, un incidente o una noncuranza possa modificare lo stato dell’opera, la sua corporeità, ma
non, per me, la sua sostanza. Ho cercato di far capire come un fatto, qualcosa che accade nella realtà è per me,
qualcosa da accettare come una qualsiasi forma di manifestazione della realtà stessa sapendo che può alterare, sì
fisicamente l’oggetto, ma non la sua spiritualità.
Ora, in questo paragrafo, azzardo un paradosso e provo a fare un passo ulteriore affermando che, anche quando la
materialità dell’opera dovesse subire un atto di tipo vandalico, sarebbe impossibile riuscire ad eliminarla del tutto. La
sua aura non solo rimarrebbe ma verrebbe persino alimentata da un pensiero interpretativo, ovvero creativo.
Se, come ho detto, è la natura stessa dell’opera che contempla al suo interno l’accettazione dell’evento, di qualsiasi
natura esso sia, non si potrebbe far altro che inglobare anche ciò che la contraddice.
Penso che qualsiasi conseguenza fisica dovuta da uno sfregio, così come qualsiasi trasformazione di senso tramite un ragionamento a parole, sia una presa di posizione nei confronti dell’opera e come tale, portando con sé una critica, un giudizio, non farebbe altro che, ricontestualizzandola, animarla di nuovo senso facendola esistere ancora con il suo carattere libero.
Qua di seguo riporto tre esempi in cui questo avviene attraverso il gesto pittorico cioè tramite l'aggiungere del colore sopra una pittura.
LO SBERLEFFO
Tra il 2018 e il 2019 ho dipinto per qualche mese all’interno di un museo. All’entrata della GAM di Torino, dove si trova la biglietteria, ho allestito l’opera “Il Sostituto”, raddoppiamento del mio studio. Un paio di volte al mese sono entrata lì dentro e ho lasciato uno strato di pittura sopra la tela. Tra un viaggio e un altro, durante la mia assenza qualcuno del pubblico è entrato in quello spazio, ha preso il pennello intriso di colore blu e ha dipinto sulla superficie del mio quadro verde dei fiori. Ho deciso di non eliminarli e ho continuato come al mio solito a stratificare con il colore mantenendoli lì sotto, considerando quei nuovi elementi come parti che compongono la sua storia. Non solo non ho percepito questo gesto come inopportuno, ma l’ho piuttosto considerato come un’occasione per ragionare su tutta questa questione.
LA PROFANAZIONE
Provo a spingermi oltre e arrivo a dichiarare che, in taluni casi, potrebbe addirittura essere auspicabile che l’opera venga ignorata, ripudiata, abbattuta ad un certo punto della sua storia. Se, in un’altra epoca, in un contesto differente, dovesse essere travisata o se dovesse finire per rappresentare qualcosa di veramente lontano dalle mie intenzioni il gesto di sfregio potrebbe essere lì a parlare ad un certo punto anche per me.
Penso ad esempio ad un atto, come quello delle due attiviste ecologiste del gruppo “Just stop oil”, che mentre, alla National Gallery di Londa, lanciavano nell’ottobre del 2022 una zuppa di verdura contro “I girasoli” di Van Gogh (arrivati a valere in quell’anno 80 milioni di euro) dichiaravano: “Cosa vale di più, l’arte o la vita?”, “Vale più del cibo? Più della giustizia? Siete più preoccupati per la protezione di un dipinto o per la protezione del nostro pianeta e delle persone?”, “La creatività e la genialità umana sono in mostra in questo museo, ma il nostro patrimonio viene distrutto dall’incapacità del nostro governo di agire sulla crisi climatica e sull’aumento del costo della vita”.
L’OSSEQUIO
E se addirittura il gesto venisse compiuto da un artista sull’opera di un altro artista (anche senza la sua approvazione) non potrebbe diventare in questo caso un ulteriore forma immaginativa? Non sarebbe questo un ulteriore modo per spingere avanti, per vivificare?
Un po’ di tempo fa, per prepararmi a lavorare ad uno dei miei “Confronti” (quelle “Sedimentazioni” che nascono in relazione alla tavolozza di un altro artista) ho preso in considerazione il quadro della Madonna del Balestra rimasto sul letto di madre e di conseguenza davanti al mio sguardo per anni. Dopo aver dipinto una serie di pitture in rapporto ai colori che avevo trovato su quella tela così alterata dal tempo, ho deciso di tornare ai colori originari, facendo restaurare il dipinto del Settecento asportando la vernice giallastra e aggiungendo un mio piccolo gesto. Nei piccolissimi puntini dove erano avvenuti dei micro-distaccamenti di pittura che mostravano il supporto della tela grezza ho deciso di intervenire sanando con il mio rosso. Lo stesso che ho poi utilizzato per iniziare la mia “Sedimentazione”. Quel colore nel quadro del Balestra aggiunto posticcio, posto come ultima cosa, diventava per me l’inizio di un nuovo quadro. Quasi a dire che senza la sua pittura non sarebbe stata possibile la mia, senza il mio appropriarmene non ci sarebbe stato un nuovo principio, ovvero una continuazione.
(Scritto nel 2022)