# 24.02
Rimpicciolimento "luogogesto”
“Lo sguardo a distanza ci catapulta in un completo straniamento, per cui le cose più normali, le abitudini più consuete, diventano oggetti nuovi e sorprendenti da studiare.”
(Gianni Celati in “Finzioni occidentali”)
Sono entrata nell’essenza del mio lavoro, ne ho fatto il punto, per poi arrivare a farne una versione liofilizzata, concentrata. Il tempo dilatato che si dipana lungo tutta la durata dell’esistenza si è contratto in una forma ristretta e compressa.
In questo paragrafo ci si focalizza sulla miniaturizzazione dello spazio che ho costruito per condensare l’intero senso del mio lavoro: il “Luogogesto”, lo spazio della pratica.
Il desiderio di rimpicciolire questo luogo (concreto e metaforico allo stesso tempo) a tal punto da farlo diventare un oggetto da tenere di fronte allo sguardo e non un luogo che mi contiene, è scaturito dalla necessità di tirarmene fuori per guardarlo dall’esterno, da distanza, per comprenderlo e vederlo con la mente.
In questo modo è come se fosse diventato una rappresentazione simbolica dello spazio, un meta-luogo, un luogo del pensiero al quale posso rapportarmi più con il cervello che con il corpo. Come se fossi entrata fisicamente dentro quello spazio in un certo modo e ne fossi poi, uscita trasformata, per accedere ad un’altra dimensione, più astratta e visionaria.
(Scritto nel 2021)