# 25.03
Genesi e sviluppo del “quadro infinito”
Il “Quadro infinito” è cominciato, all’incirca nel 2006 in un angolo buio dello studio. All’inizio era semplicemente una tela di 50 x 40 cm sulla quale pulivo i pennelli, sperimentavo ogni forma che mi veniva in mente, coprendo passo dopo passo ogni cosa e cancellando ogni traccia dei miei pensieri pittorici. E così è andato avanti per qualche anno, senza sapere che cosa sarebbe diventato. Poi, ad un certo punto, quando la tela ha cominciato a diventare quasi esclusivamente la ripetizione di un’immagine monocroma, ogni giorno di un colore diverso e, per l’accumulo di materia colorata, si è fatta così pesante da non poter più essere sorretta da un semplice paio di chiodi sulla parete, allora, ho deciso di spostarla, costruirle un cavalletto e una teca per proteggerla. È stato in quel momento, nel 2012, che l’ho intitolata “Quadro infinito”, immaginando che sarebbe stata una pittura che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita. (Tengo a ribadire anche qui che ogni affermazione porta con sé anche la possibilità di essere ribaltata in qualsiasi momento.)
In un progredire da un oggetto all’altro i materiali utilizzati nella costruzione (legno listellare placcato noce-tanganika spessore 2,5 cm e profilato di acciaio inox AISI 308 spessore 1 x 1 cm) sono stati ripresi dalla “Diarioteca” per creare una continuità tra una cosa e l’altra.
Fino al 2018 la struttura della base era esile, tenuta in equilibrio da quattro tiranti, poi, sotto il peso della pittura che continuava a crescere, è diventata troppo debole non riuscendo più a rimanere eretta. È in quel momento che ho fatto una nuova modifica, togliendo i tiranti e irrobustendo il piedistallo. Sempre in quell’occasione, ho fissato il telaio direttamente alla teca tramite delle viti, togliendo il supporto che le dava un ulteriore spessore, perché la pittura stava cominciando ad ingrossarsi così tanto da rischiare di arrivare a toccare i portelli.
Un ulteriore cambiamento l’ha avuto, come gli altri “Archiviatori”, nel 2020 in seguito all’acqua alta del 2019. Spinta dalla paura che ulteriori alte maree avrebbero potuto danneggiare l’oggetto, ho creato un rialzo-piedistallo che da un lato erge la nicchia per la pittura ad una dimensione un po’ monumentale e dall’altra, appena si allinea alla pedana, torna ad essere l’oggetto antropomorfo che come una persona si rapporta alla mia figura.
Il 23 marzo 2021 mentre lo stavo spostando per farlo documentare dal fotografo, ha perso l’equilibrio cadendomi addosso, o meglio cadendo addosso a me e alla “Sedimentazione 2017 #2”, ed è stata proprio questa “Sedimentazione”, rimasta ferita con uno squarcio di circa 20 cm, che attutendone la caduta è riuscita a salvarlo.
(Scritto nel 2021)