# 25.07
Genesi e sviluppo del "supplente"
Il “Supplente” è una specie di micro-studio ambulante. In alcuni casi entra a far parte dell’altra opera che affronta e sviluppa, in maniera più ampia, la questione dello spazio dello studio: il “Sostituto”.
É un lavoro in progress che nasce come filiazione del “Quadro infinito”. Serve a supplirlo per continuare a procrastinare il gesto pittorico quando sono lontana dal mio spazio o quando è proprio il “Quadro infinito” a doversi allontanare dallo studio, magari per essere esposto.
Quando l’opera è a riposo nasconde il quadro, ma lascia intravedere la ciotola in un angolo trasparente della scatola degli attrezzi. Quando invece è attiva, il quadro si svela trasformandosi e la ciotola uscendo dalla scatola per finire al centro del tavolo si preparara a generare colore.
Ho cominciato questo lavoro tra l’autunno del 2018 e l’inizio dell’estate del 2019, mentre ero immersa nel progetto “Sostituto” alla GAM di Torino. Elena Volpato mi aveva invitato a pensare ad un modo per portare l’opera-in-divenire all’interno del museo, anzi proprio all’entrata del museo, nella hall, dove si comprano i biglietti di entrata. In quell’occasione il “Sostituto” si è attivato prima che il “Supplente” fosse stato concepito come un’opera a sé, quando cioè era ancora solamente un accenno e parte integrante di un complesso più ampio. Quella prima forma rudimentale composta da un pannello di legno con il quadro, da una “Ciotola” e da un “Diario” è stata poi donata al museo. In quel contesto al centro dello spazio, stava, il tavolo che il museo stesso mi aveva messo a disposizione per appoggiare gli strumenti da lavoro. Quel tavolo, che era stato parte di una performance che Hermann Nitsch aveva fatto tempo addietro, mi è stato poi regalato al momento in cui il “Sostituto” ha lasciato la GAM.
La prima volta che ho messo in opera il “Supplente” vero e proprio è stato a luglio del 2019, nella chiesa della Propositura, a Pratovecchio, quando sono stata invitata da Pietro Gaglianò e Paolo Fabiani per un progetto speciale che consisteva nel dipingere ogni giorno, per una settimana, un colore sulla mia superficie pittorica dentro la chiesa, mentre accanto a me su un pianoforte suonavano dei musicisti.
In quell’occasione l’opera era costituita dalla scatola che fungeva sia da contenitore che da base d’appoggio e da un pannello con il quadro. Non era presente invece il tavolo.
È solo successivamente, nella tranquillità e nell’isolamento dello studio che ho messo a punto e perfezionato tutto il congegno, così oltre alla parte presente nella mostra-performance di Pratovecchio si è aggiunto il tavolo e la scatola degli attrezzi.
La definizione attuale si è precisata quando ho deciso di integrare tutta la struttura adibita alla preparazione dei colori con la parte pittorica. Per farlo, ho dovuto innanzitutto storpiare il tavolo di Nitsch per adattarlo alla misura della scatola che conteneva lo sdoppiamento del “Quadro infinito” e per annettere una cassetta di legno progettata appositamente per contenere gli strumenti del mestiere. Poi, per renderlo agile alla mobilitazione ho voluto aggiungere anche delle ruote.
(Scritto nel 2022)