ARCHIVIARSI
Lasciar succedere, trattenere, catalogando per poi archiviare
“Ho ricopiato i numeri indispensabili dall’agendina verde scuro dell’89 a quella rosso scuro con strisce più chiare del’90…”
(Da i taccuini di Goliarda Sapienza, gennaio 1990)
Ho messo in ordine la stanza ingombra di libri, perché il caos mi fa girar la testa e ho tal bisogno di silenzio e di ordine.
25 ottobre 1948, lunedì Giorgio Caproni
Questo capitolo è come fosse un libro dentro a un libro che è la parte “Autoritratto” del mio sito.
Rileggo e narro tutto quello che ho già affrontato in quei capitoli attraverso un’angolazione differente, dandogli una struttura che lo lega in maniera precisa all’idea di archivio, diventata basilare nel mio lavoro.
Durante la lettura, nel caso qualcosa non risultasse chiaro, consiglio di consultare il “Glossario” sempre aggiornato contenuto nel capitolo “Esplicitare”.
Qui lo inserisco come allegato nella versione aggiornata al 22-2-2022.
GLOSSARIO UNA PITTRICE ARCHIVISTA
Se dovessi spiegarmi in due parole potrei dichiarare di essere una “pittrice archivista”. Nel senso che lascio che l’atto del dipingere si rigeneri all’infinito generando materia pittorica e, poi, dedico molta attenzione ad archiviarne tutte le tracce. L’archivio come meta-opera è il luogo dove tutto si ricompatta, è la forma che aiuta a mantenere la storia in continua trasformazione ed è anche la forza propulsiva per ulteriori atti generativi.
DAL CAOS ALL’ORDINE
In fondo tutto quello che ho fatto e che continuo a fare altro non è che cercare di dare ordine ad una materia organica, nel tentativo di rendere reale il caos.
In un processo oscillatorio, che passa in continuazione dal lasciare che la materia si formi all’organizzare il ragionamento che la pensa, si procede in un movimento ritmato di espansione e di contrazione, come nella pulsazione di un organo vitale, a determinare l’immaginazione di un mondo.
UN ARCHIVIO PER VIVERE
Con il titolo “Archiviarsi” cerco di evocare l’importanza dell’archiviarsi come una forma di asserzione dell’essere nel mondo, qui invece vorrei cominciare dicendo che bisogna mettercela tutta ad archiviare per non archiviare, nel senso, come dice la frase di Antonio Cederna nell’immagine che ho scelto in apertura di questo capitolo, che bisogna concepire un archivio non tanto per archiviare la nostra memoria, non per immobilizzarci in una qualsiasi forma di storicizzazione univoca e bloccata, ma bisogna pensare invece all’archiviarsi come ad un atto di vita.
Posso affermare che questo complesso organico l’ho fatto perché mi sia utile da viva e non per quando sarò morta. Mi serve a vedermi e a ragionare. Ho attivato un archivio che segue il decorso dell’esistenza e non un contenitore adatto solo a raccogliere tutto quello che è trascorso e passato. È un modo per tenere traccia della vita in medias res, per archiviare mentre le cose accadono, per ragionare e capire ciò che si sta facendo.
ARCHIVIO COME IMMAGINE, FORMA E PARADIGMA
Considero il gesto stesso del catalogare, conservare, memorizzare, così come tutto il ragionamento attorno al mio operare già di per sé un lavoro artistico. Dall’archivio in senso stretto all’archivio opera, la corrispondenza tra quello che faccio come artista e la filosofia dell’archivio ha fatto sì che assumessi, l’archivio, come paradigma per esprimere la mia visione totale. La coincidenza della pratica dell’archiviare con il mio modo di procedere ha modellato un mondo fatto di forme che prevede al suo interno non solo lo spazio perché le cose possano accadere, ma anche quello dedicato alla loro cura e al mantenimento della loro storia. In un sistema complesso di cose si è andata a determinare una situazione dove le opere vere e proprie diventano anche dei documenti e dove allo stesso tempo i documenti che documentano le opere assumono anche loro lo statuto di opere reali.
ARCHIVIO COMPATTATORE
L’archivio è l’unico punto dove il lavoro fatto di migliaia di frammenti si tiene tutto insieme. Possedere un mio lavoro significa avere per le mani il pezzetto di un corpo, solamente il brandello di un organismo più ampio e complesso. La singola porzione assume senso solo in relazione a tutto il resto e si completa all’interno dell’archivio che diventa quindi l’unica forma capace di tenere in collegamento ogni elemento e aggiornarne la storia in eterna trasformazione.
ARCHIVIO INGLOBATORE*
In un sistema organico le cose prodotte durante l’arco dell’esistenza, interconnesse tra loro non si fermano mai e insistendo a crescere e trasformarsi proseguono nel generarne continuamente delle altre.
In questo ordine di cose non è contemplato il fallimento, non c’è errore, non c’è eliminazione, non c’è scarto.
Ogni materia che si concretizza, ogni oggetto che si forma viene raccolto, accolto ed integrato in un cosmo dove ogni essenza dipende dalle altre. Tutto viene inglobato e considerato parte integrante di un sistema che è lì a rappresentare la vita stessa. Nell’archivio, infatti, ho deciso che oltre alla presenza di tutte le opere realizzate, dovessero esserci anche quelle che non ci sono più o quei lavori solamente immaginati nella mia testa che ancora non sono presenti nella realtà mondana e che forse mai ci saranno, pensando idealmente di rimanere lì in quella precisa posizione dove le cose non è necessario succedano per forza, ma potenzialmente potrebbero sempre accadere.
ARCHIVIO RIATTIVATORE**
In ogni mio singolo lavoro è insita la possibilità di essere ripreso e trasformato. Tutto può, potenzialmente, ricominciare ed essere proseguito. Sapere che nulla è permanente e che ogni cosa porta in sé la sua eterna trasformazione, fa sì che si dia spazio ad una visione aperta e multipla anziché monolitica e assoluta.
Questa struttura si è andata ad organizzare lentamente negli anni adattandosi con la sua forma ai contenuti e non viceversa. Le opere aumentano, cambiano e cambiano anche le relazioni tra loro esattamente come nella vita tutto si trasforma, sempre.
L’ordine di catalogazione è sempre arbitrario, a una forma di catalogazione se ne può sempre aggiungere o sostituire un’altra. Intendo dire che il catalogare, così come l’archivio, ovvero la forma in cui confluisce tutta l’azione del catalogare, è soggetto ad una perenne mutazione.
Accettare il permutare delle cose è alla base di tutto quello che sperimento e di conseguenza la prerogativa essenziale è cambiare sempre l’ordine delle strutture che le contengono.
Se tutto il mio procedere è determinato da un andamento continuativo che porta lentamente ad una trasformazione della materia, del colore e del pensarsi all’interno di questo procedere, anche i dispositivi che servono a contenere e a permettere alla sostanza di formarsi, devono, anche loro, per forza, cambiare nel tempo. Devono cioè assestarsi allo smottamento interno, al peso del corpo e alla complessità dei pensieri.
Ciò significa che si deve partire dal soggetto interiore lasciandolo autonomo nel diventare ciò che deve diventare e non viceversa dal costruire una struttura e un metodo chiuso per imprigionare al suo interno il suo spirito. Bisogna lasciare, all’essenza, la possibilità di evolvere, aiutandola attraverso dei sistemi che riescano ad assisterla, assecondandola. Quello che ho tentato di fondare non è un ordine deciso a priori, ma una complessità che si è andata a strutturare seguendo un’andatura insita alla natura interna delle cose che ogni tanto subisce uno sconquassamento per poi riassestarsi in un’altra forma.
ARCHIVIO E VISIONI MOLTEPLICI
All’interno del concetto di archivio è insita l’idea di molteplicità e non di unicità. Già dal momento in cui si comincia l’organizzazione e l’ordinamento delle cose tutto viene posto orizzontalmente, sullo stesso piano, senza alcun ordine gerarchico nulla viene predeterminato a priori e immaginato in una visione finale univoca. Il modo con cui vivo ciò che faccio è far sì che le cose accadano una dopo l’altra senza progettarle lasciando aperta la possibilità, poi, a queste cose, di rimestarsi, di agglomerarsi, di riunirsi, di associarsi sempre in maniera diversa proponendo sempre delle letture differenti.
Le opere stesse, uscendo dagli “Archiviatori” della pittura, si aggregano e si installano nella realtà ogni volta prendendo forme differenti così come la loro documentazione contenuta all’interno dell’archivio si riorganizza di volta in volta in maniera multiforme dando vita a nuove visioni.
Un insieme di cose non tanto da conservare quanto da raccordare l’una all’altra in tanti modi differenti.
*Per parlare dell’inclusione nell’archivio di ogni accadimento ho costruito un capitolo
“Lasciar esistere così com’è” dove dico della datazione e della situazione di ogni singola opera.
** Della trasformazione continua di ogni cosa ne parlo nei capitoli:
“Modificare”, dove ho descritto come ogni singolo elemento che costituisce l’archivio si è appunto modificato negli anni, e
“Assistere alla trasformazione”, dove parlo del destino materiale dell’opera.
(Testo scritto nel 2022 inglobando alcuni testi precedenti. Modificato nel 2023, 2024)