# 27.14
Archivio tra gli archivi
Avvicinare la propria intimità a quella degli altri.
“Prima di tutto, il caos che può nascere dalla liberazione del mondo segreto di ciascun individuo dev’essere unificato in un’esperienza comune.”
(Da “Il pesce d’oro” di Peter Brook)
“Gli uomini sono inclini a porre l’accento principale sulla somiglianza, e non sulla differenza. Cerchiamo di sapere come qualcosa sia collegato a noi, e non se ci è estraneo.”
(Da i diari di Henry David Thoreau, 17 giugno 1840”)
Lo sforzo di esprimersi per riuscire a dire qualcosa che coincida effettivamente con una realtà interiore nasce dal desiderio di cercare una controparte e di affiancarsi ad altre individualità che per assonanza o dissonanza si relazionano con la propria.
Collegare il proprio archivio con altri archivi, immettere il proprio mondo dentro lo spazio comune del web significa voler connettersi con altri mondi. L’avere deciso di rendere accessibile il mio archivio in questo stesso luogo in cui ci troviamo, per me significa aver reso pubblica la mia parte interiore nel tentativo tanto desiderato di trovare un interlocutore. Aver formato, organizzato ed esplicitato il proprio cosmo in solitudine, come un ente a parte, non vuol dire sognare un universo a parte, ma anelare a sentirsi parte di una collettività.
Questo piccolo mondo magico creato con le sue forme e le sue regole non si percepisce come qualcosa di valore anche per gli altri, ma come una microba individualità che ha la possibilità di mettersi insieme con tutte le altre.
Mettere il proprio archivio accanto ad altri archivi significa quindi partire sì da una realtà forgiata a partire dal di dentro, compatta e organicamente funzionante, anche seppur zoppicante o incoerente, ma per avvicinarla ad altrettante realtà definite dalle loro nature intrinseche.
L’archivio, proprio per la sua natura sistematica e allo stesso tempo mobile ha la possibilità di riassestarsi ogni volta con nuova forma e di incrociare così più linee soggettive definendo sempre narrazioni differenti, confrontandosi, incrociandosi, mischiandosi fino in alcuni casi anche amalgamandosi con gli altri.
Qualsiasi archivio per essere vivo deve avere la capacità di relazionarsi con l’esterno. Il proprio linguaggio interiore deve essere tradotto per diventare comprensibile, per connettersi con un sistema di archiviazione più ampio. Bisogna costruire il proprio algoritmo che aiuta sì a decifrare il proprio pensiero, ma anche per renderlo evidente agli altri.
Per concludere, ciò che cerco di tirare fuori da questi pensieri è che non esiste un archivio, ma una miriade di archivi, che bisogna rifuggire dall’idea di un unico mondo possibile, di un’unica storia possibile, di un’unica visione possibile e tendere invece ad un universo fatto da una costellazione di tanti pianeti possibili.
ARCHIVIO COME ATTO POLITICO
Se pensiamo all’archivio in senso metaforico e cioè come il modo più aperto per trattenere la storia, l’anima di un’entità (entità intesa come persona individuale, ma anche come resoconto di un insieme di esseri umani e pure di altri soggetti della natura o di cose inanimate) per far sì che tutti e tutto, ma proprio tutti e tutto, anche le entità più piccole, timide, nascoste, silenti, appartate abbiano diritto di essere prese in considerazione e continuare ad esistere, allora potremmo azzardarci a dire che l’archivio può essere il mezzo per farci stare co-presenti tutti a questo mondo e lo strumento che ci può aiutare a partecipare ad una vita comune navigando gli uni accanto agli altri.
(Scritto nel 2022)