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# 7.02

Pittura veneta del 400-700 (pinacoteca querini stampalia)


Cinque tele "Sedimentazione" dipinte stratificando colori assorbiti durante il progetto per la Fondazione Querini Stampalia, Venezia.

 
Dal 15 settembre del 2006 al 13 dicembre del 2007 sono andata tutti i giorni all'interno di 5 sale della Pinacoteca e sedendomi ogni giorno davanti alla pittura di ogni stanza ho scelto, selezionato, preso un colore e l'ho portato con me verso lo studio. Ciò che cercavo non era la riproduzione, ma tendere verso quel colore.
Il risultato sono 5 quadri-sovrapporta. 
Trasportati dallo studio dentro lo spazio del museo, questa pittura sembra essere nata lì dentro, come se lì fosse sempre stata.
In ogni stanza è visibile del quadro solo il colore della stesura finale, ma si sa che si è formato attraverso tante sovrapposizioni. 
Per percepire tutto il lavoro è necessario uno spostamento spaziale, come in una passeggiata si attraversa una sala dopo l'altra e ci si muove da un punto ad un altro punto. Ogni quadro diventa a sua volta quindi uno dei 5 strati di un unico lavoro visibile nella sua totalità solamente alla fine da un preciso punto di vista.

Diario. Appunti di lavoro sul progetto Querini (estate 2006 – inverno 2008)
 
Quadro 1. Sala Jacopo Palma il Giovane
 
Primo strato: il bruno. Diffuso in tutti i quadri. Forse una patina generalizzata che ha omologato un po' tutti colori nel tempo. Ciò che accomuna, che tiene insieme. Ciò che si è fermato nel trascorrere del tempo. Ciò che il tempo ha appiattito. Colore generalizzato. Colore di base. Profondo. Dal buio alla luce.
 
Secondo strato: il bianco freddo. I panneggi. Dal buio del primo ai punti di luce.
 
Terzo strato: grigio, bianco, giallino, cioè il grigio caldo. Il colletto dell'autoritratto di Palma il Giovane. Insistendo sui bianchi.
 
Mi accorgo che cerco il colore sulla tela e non nella tazza... Tendo a costruire un colore nella tazza, ma poi decido di non usarlo per il lavoro della Querini. Ma lo voglio trattenere lo stesso e allora lo stendo su un'altra tela. Una delle tele, uno dei diversi quadri a cui sto lavorando in studio. Quindi è come se i quadri che lavorerò simultaneamente a quelli della Querini saranno contaminati da tutta questa esperienza.
Questi quadri saranno contaminati da quello. Questi quadri saranno fatti da colori che avrò considerato degli "errori", dei colori "non giusti" per il quadro della Querini.  Tutta l'esperienza che mi porta al raggiungimento di quel dato colore verrà comunque trattenuta e spalmata su altre tele.... Il fare, il procedere verso un percorso, verso un colore mi fa accidentalmente incontrarne altri..
 
Quarto strato: rosso porpora (scuro), tendente al rosa. Dall'uomo di spalle dell' Hecce Homo di Palma il Giovane. Giornata buia di pioggia. Le finestre della stanza sono accostate, socchiuse. C'è la luce artificiale, ma molto bassa. Forse per questo motivo ciò che mi balza all'occhio è il rosso che si accende.
 
La relatività di un colore... Un colore è una cosa ma può diventare anche completamente un'altra. Emotività? Scelta razionale? Non riproduzione di un colore. Non come quando si sceglie un colore per un gusto estetico, scegliendo un colore in relazione ad un altro colore in accordo, in armonia.
Che cosa vuol dire scegliere un colore? Come scegliere? Andare verso un colore, dirigersi verso un colore.
Per il rosso porpora  ho usato il magenta leggermente sporcato del bianco dello strato precedente (il pennello immerso nella trementina aveva ancora un po' del colore precedente). Questo rosso si è schiarito, acceso, perchè un po' trasparente dopo averlo steso sul bianco di prima. su cui sto dipingendo simultaneamente che aveva del verde sotto. E' diversissimo.
 
Quinto strato: rosso viola. Della veste. Insisto con lo stesso, ma prendendolo da un altro punto di vista. Tendo al viola.
 
Tendere a.... Andare verso... Verso un certo colore... Non riprodurre un colore... E in questo percorso "inciampo" su di un certo colore... Nel cercare trovo... ma non so cosa sto andando cercando...  Lo trovo... Il colore mi trova...
Riempire. Colorare, Stendere. Applicare. Aggiungere. Capire. Scegliere. Stratificare. Andare. Dare un colore. Espandere...
Mentre leggo il libro di Batchelor. Solita diatriba: disegno – colore.  Contenere il colore con delle linee? Colore – femminile; linee – maschile. Blanc: "...la pittura è l'arte di esprimere tutte le concezioni dell'anima..." Barthes: "se fossi un pittore dipingerei solo colore"
Io "trovo" il colore non lo "faccio". Non lo invento, non lo progetto, non lo produco, non lo riproduco... Cosa sto facendo con il lavoro della Querini? Indico un colore. Non lo riproduco. Tendo verso di esso. Non è un colore creato, non è un prodotto. Non è un'abilità, ma una casualità. Indicare. Scegliere.
Nel quinto strato. Il colore è vivo. Non è rivestimento. Illuminato dal di dentro. Riprendo la mia fase rossa. Il rosso sono io. Luce interiore. Dentro al quadro. Dentro al colore. Colore autonomo. Il colore ha una sua vita propia. Si autoillumina. E' un colore indipendente. Il colore che parla per se stesso. Il colore che significa di per se. Colore che parla da solo. Che esiste effettivamente per quello che è. Ogni colore è una cosa unica singola ed indipendente. 
Ci sono dei tempi per ogni cosa... Temporalità. Quel colore è così in quel dato momento, ma poi può diventare un altra cosa. Il colore non è un concetto. Non parte da un'idea. E' un fenomeno naturale. E' e basta.
Che cosa vuol dire comprendere un colore?
La perdita della parola, della comprensione... nel fare, nel farsi del colore... Il colore è un aspetto fisico non si pensa, si esperisce. Poi dopo che si "è fatto", dopo che comincia ad esistere lo posso cominciare a capire... Non lo posso pensare, non lo posso progettare. E' una perdita momentanea della ragione.
Mi perdo e poi mi ritrovo nel colore. Alcune volte quando comincio a dipingere con certi colori piano piano mi trovo un po' alla volta a circondarmi di quei colori. Cominciano ad entrare nel mio quotidiano.. Nelle cose che mi circondano e mi avvolgono...
John Cage: "...il linguaggio verbale è incapace di definire l'esperienza del colore..."
La specificità del colore. Quel colore che non può essere che quel dato colore e niente altro. Autonomia e irriducibilità del colore. Silenzio. Potere e autonomia del colore. Parlare dell'indicibile...
Parlo attraverso i colori. Colori come linguaggio. Parlo del suo farsi. Fare per fare. Ciò che nasce dentro il processo che si lascia andare in un flusso aperto e libero... Comincia per una strada anzi no come un flusso di acqua che si sposta in maniera non determinata. Comincia e non sa dove va... Poi inciampo mi fermo e trovo. E costruisco gi argini.
Il diario. Cioè la striscia che io chiamo diario è un pensare per colori. Così come a la parete di carte cher procede inesorabilmente con costanza nel tempo. Mostra tutti i colori, tutti i "pensieri" (cioè i colori), che sono passati nella mia mente e che sono "diventati" nel mio studio n un certo periodo di tempo.  Un pensare per colori, vivere attraverso la stratificazione, un percorso. Non una narrazione ma una testimonianza del tempo passato nello studio. Il mio tempo soggettivo. Ma i colori sono autonomi da me... non sono io che li determino. Accadono.
Qual'è il criterio della scelta dei colori? Arbitraria. In un momento è una certa cosa ma potrebbe esserne un'altra...
Qual'è il sistema di scelta dei colori? Con questo progetto per la Querini sto lavorando in un modo che non avevo mai provato. Mi riferisco, mi appoggio a qualcosa al di fuori di me. Uso una tavolozza esterna a me.
Inadeguatezza delle parole ad esprimere, a descrivere un colore. Quando cerchiamo di spiegare un colore a qualcuno siamo costretti a portare degli esempi, dei pezzettini di colore, oppure ci rifacciamo a dei codici convenzionali come una gamma di colori ad esempio ai pantone.
Come farci capire? Come parlare di colore? In questo percorso di pittura è come se costruissi a mia campionatura di colori... in un percorso, in un viaggio che mi dirige verso qualche cosa che ancora effettivamente non so. E' in questo modo che lavoro anche nel laboratorio di serigrafia di Fallani. Non verso "un colore", un colore "giusto", ma trattenendo tutti i passaggi dell'esperienza vissuta...
Che cosa definisce un quadro finito? La fine del quadro anch'essa è arbitraria. E' finito per quel dato istante, ma può essere o diventare altro in qualsiasi momento. Può essere ripreso in qualsiasi momento anche a distanza di tempo e lavorato anche all'infinito.
In fondo è come se dipingessi un solo ed unico quadro per tutta la vita, fatto di tanti strati possibili, ma ogni tanto lo interrompo e lo continuo su un'altra tela... Cosa succederebbe se dipingessi tutta a vita su un unico quadro? Probabilmente collasserebbe, non reggerebbe il "peso". In un angolo del mio studio sto facendo propio questo esperimento. (A questo proposito è già un anno che continuo a stratificare un unico quadro senza lasciare nessuna traccia di ogni singolo passaggio e vorrei andare avanti all'infinito). 
E' come se spalmassi, diluissi il colore e il lavoro diventasse un "discorso", con un andamento orizzontale, come una scrittura che va letta nel suo farsi nel suo cammino...
Dire attraverso il colore, mostrando colore. In un continuo. Tanti colori sono "il colore", "la pittura", ma per mostrarlo la suddivido. L'arbitrarietà del linguaggio e delle definizioni cambia di volta in volta a seconda di come vogliamo pensare e vedere. 
Vocabolario. Definizione.
Colori casuali, ma anche contingenti. "Casuali eventi di colori" (David Batchelor)
Io non uso mail il colore "puro", preso direttamente dal tubetto. Prendo quel colore industriale, ripetibile, come un dato di fatto. E poi lo "sporco", ma non con l'intenzione di creare un altro colore ben preciso. Lo scelgo con una certa casualità. Al massimo posso cercare di tendere verso qualcosa, ma non di arrivare a qualcosa che non so che cosa sarà... Colori impuri.
Applicare colore. Spalmare.
Un quadro per un certo momento della sua storia si dichiara finito. Emerge un colore. Che per un attimo mi sembra chiaro. Un colore che mi sorprende. Un colore che vive di vita propria. Non necessariamente mi corrisponde, anzi quasi mai. Piuttosto mi sorprende perchè trovo qualcosa che non conosco all'inizio e mi si rivela alla fine. Qualcosa che mi è completamente oscuro all'inizio e quando lo trovo comincio a cercarlo, ad andare a fondo, a ribadirlo, a conoscerlo, a insistere ad andare verso di lui con una serie di quadri.
In questo specifico lavoro della Querini tendo verso un colore, ma non è un colore progettato.
 
Sesto strato: azzurrino. Finestra del Ritratto di R. Querini di Marco Vecellio. La finestra in alto a sinistra.
 
Settimo strato: manto della Madonna della Deposizione di Palma il Giovane, carta da zucchero scuro, tra il blu e il verde. Colore ibrido. Plumbeo. Mi viene in mente la deposizione di Sebastiano del Piombo a Viterbo. Colore malato.
 
Ottavo strato: rosa, rosa-violetto, rosa tirato fuori dal magenta. Il ginocchio di San Nicola di Bari dota le fanciulle di Palma il Giovane.
 
Ecco che si è formata una "tavolozza". Fatta di un'"idea" di colori. Non sono la rappresentazione che nasce dall'osservazione, ma un "pretesto" che innesca il processo. Colori scelti non con la testa, ma istintivamente.
C'è un'idea di colore iniziale determinata dall'osservazione dei colori di quei quadri in quella determinata stanza che poi diventa altro nella sua realizzazione. Non c'è progettualità nella ricerca del colore, c'è un'idea di rosa, un senso di rosa... prendo il rosso magenta e il bianco di titanio e lo sporco di un altro rosso magenta di un'altra marca e poi di turchese...
Il quadro è compiuto quando ha avuto il "suo tempo". Ci voglione dei tempi. Ci vuole il tempo che ci vuole. Ci viole il suo tempo. I colori entrano a poco a poco.
 
Nono strato: rosa. Ancora rosa dallo stesso quadro. Rosa-violetto sporcato di nero. Rosa malato della carnagione della guancia. Pallido. Grigio.
 
Tutto si sporca, tutto si contamina. I quadri a cui lavoro simultaneamente nello studio assorbono l'esperienza della Querini...
Mentre "cerco", "vado verso", cerco di raggiungere, mi perdo. Perdo la meta, ma trovo. Trovo cose casualmente che mi vengono incontro. Tra me e quello che vado cercando.
Il punto quindi non sta più nel trovare, nel soggetto da trovare, ma nell'azione del cercare stesso sta il senso. E' nell'andare avanti che trovo, che inciampo su cose, su colori che non cercavo... E li trattengo. Rimangono. Rimangono tutti nell'accumulo, negli strati sottostanti e nei quadri a cui lavoro parallelamente. 
Fare per fare. Uno strato dopo l'altro. Una cosa ne cancella un'altra, una cosa, un colore diventa un'altra cosa, un altro colore.
Un lavoro fatto di tempo, ma che alla fine non si mostra. Può esserci uno strato finale, un colore finale che cancella tutto.
Questa esperienza del lavoro della Querini ha messo in moto un processo, un sistema di lavoro diverso. Si muove, va avanti. Il lavoro, la pittura della Querini diventa un pretesto che muove la mia ricerca e mi fa trovare qualcosa di nuovo. Un colore nuovo.
 
Decimo strato:  magenta di nuovo, 21 settembre 2006.
 
Undicesimo strato: ancora magenta, appena sporcato di bianco. Ma fatto nella stessa scodella di sempre. Mantiene quindi ancora della materia del colore precedente, si sviluppa dal colore precedente...
 
Oggi 25 settembre forse è finito? Chiara è venuta in studio e mi ha parlato di Empatia. Anche lei sta leggendo il libro di Laura Boella.
Ascoltare l'altro. Entrare nell'altro. Entrare nell'altro, nel colore e lasciarlo esistere così come è. Non dirigo il colore. Non lo costruisco. Non lo progetto. Non lo penso per come sarà. Lo ascolto e lo vedo farsi. Lo vedo nascere sulla tela.
 
Quadro 2. Sala delle tavole
 
Mi fisso prima sul Bellini. Madonna col Bambino, la veste giallo-oro, quella del bambino... e poi l'oro delle tavole e poi ancora il drappo di Palma il Vecchio e il drappo dello Schiavone. Tre gradi di giallo: giallo-ocra; ocra; giallo-arancio.
Che strano osservare in studio che il quadro "portante" quello del progetto della Querini appeso al centro della grande parete influenza tutte le altre tele a cui sto lavorando contemporaneamente. L'insieme dei quadri prende l'umore di quel quadro. Sarebbe bello poter far sentire questo che sto provando nel mio spazio anche agli altri...
Prendo una macchina fotografica. La posiziono in un angolo dello studio dove riesco a riprendere il più possibile numero di tele... Comincio a fotografare con un certo ritmo da quel punto e vediamo se questo sistema può essere efficace... Forse potrebbe essere il materiale per una pubblicazione...
 
Primo strato: giallo-arancio. Il drappo nella Sacra Conversazione di Palma il Vecchio.
 
Secondo strato: giallo più chiaro. Veste giallo oro del bambino della Madonna col Bambino. Vado verso ciò che non conosco: il giallo. Ancora non lo trovo. Non trovo il colore della veste... ma mentre vado verso... inciampo verso qualche cosa d’altro... e decido di trattenerlo... di aggiungerlo tra le mie stratificazioni...
 
Terzo strato: ci riprovo, lo stesso giallo ma con una punta di giallo-arancio e un po’ di bianco. Mi accorgo che è lo stesso colore con cui Carlo Scarpa ha dipinto il mio salotto...
 
Quarto strato: verde smeraldo. Trovo quello che cerco? Forse ho trovato questo verde perché è in fondo quello che andavo cercando. Perché questo verde per esempio e non un altro colore? E poi: mi accorgo che mentre “sto facendo” già mi viene avanti il passo successivo... Una cosa mi sta portando a quella successiva... allo stato successivo, al colore successivo.... quindi dirigo verso, mi dirigo verso... senza sapere con precisione, senza progettare un colore preciso...
 
Quinto strato: giallo oro-ocra. Che mi fa sentire l’oro delle tavole... Il giallo arancio caldo del drappo di Palma il Vecchio nella Sacra conversazione simile all’ocra dello Schiavone.
 
Sesto strato: giallo chiaro. Scialle del re magio nel quadro di Francesco Rizzo da Santacroce. Non è la riproduzione di un colore e probabilmente neanche la memoria di un colore, ma forse l'idea d un colore che mi porto qui nello studio dopo il tempo quotidiano che passo nel raccogliere un colore nella stanza in cui sto lavorando.
 
Settimo strato:  blu, sporcato di verde. Manto della Madonna della Sacra Conversazione di Palma il Vecchio.
 
In mezzo, tra uno strato e l'altro, tra il fare la conoscenza di un nuovo colore, il riconoscerlo e farlo sedimentare dentro per poi riuscire, riemergere... ci sono dei tempi da rispettare... In mezzo passano altri colori sulle altre tele. Tra uno strato del quadro della Querini e l'altro, ci sono altri colori che hanno bisogno di uscire, di esistere di essere tirati fuori... Per questo ci sono tempi lenti: più di un colore al giorno non lo stendo.
 
Ottavo strato: rosso-rosa chiaro. Che appartiene sempre alla matrice magenta... La veste della Madonna con Santa Caterina, San Francesco, San G. Battista e San Nicola.
 
Nono strato: rosso scuro. Drappo di Giuditta e Oloferne del Catena.
 
Decimo strato: rosso carminio. Re Magi. Francesco Rizzo da Santacroce.
 
Undicesimo strato: rosso vermiglione. Sacra conversazione di Palma il Vecchio.
 
Dodicesimo strato: insisto, un colore un po' più chiaro.
 
Tredicesimo strato: di nuovo, ancora un po' più chiaro.
 
Quattordicesimo strato: ...e ancora, ancora insisto... sempre pensando allo stesso colore... che non è mai identico... 
 
Piano piano arrivo... Che cosa vuol dire lavorare con un colore? Ispirarsi, accoglierlo. stare con, andare verso, ascoltarlo,...? Sicuramente non è il riprodurre, il ripetere e forse nemmeno evocare. Piuttosto partire da quel punto e spostarsi verso un altro. Partire da e spostarsi verso?
 
Quadro 3. Sala del Longhi
 
Ecco una sala monografica, più omogenea. Il Longhi. Mi metto a cercare un rosso per partire. Come mia consuetudine... Il mio solito pretesto... Non parto dalla pagina bianca, parto da me stessa: il rosso. Porto con me la memoria di ciò che conosco.Comincio.
 
Primo strato: rosso vermiglione d'orato. La giacca del cacciatore con l'arco. Da La caccia dell'anitra in laguna.
 
Secondo strato: la veste della bambina rosa cipria  grigiastra. Ne La Famiglia Sagredo.
 
Terzo strato:  riprendo questa idea di rosa, ma la tocco con il nero, la ingrigisco.
 
Quarto strato: verde acqua. Cielo e laguna che si fondono ne La caccia allo smergo. Uno riflette l'altro. Un monocromo separato da una linea orizzontale sottile e offuscata di terra color seppia. Azzurro sporco di giallo trasparente.
 
Quinto strato: azzurro celeste. Vado ancora verso l'acqua e il cielo.
 
Sesto strato: carta da zucchero scuro. I pantaloni del ballerino ne La Furlana che poi è anche quello della vestaglia dell'uomo ne La Famiglia Michiel. Colore scuro.
 
Settimo strato: corpetto della Furlana, carta da zucchero chiaro.
 
Ottavo strato: verde salvia. La vestaglia della donna sulla destra del quadro La Famiglia Sagredo.
 
Nono strato: verde oliva. Tende e tappezzeria de La Famiglia Sagredo.
 
Decimo strato: azzurro chiaro. Chiaro, tendente al grigio. Quasi bianco. La donna che mostra il mappamondo ne La lezione di geografia.
 
Undicesimo strato: maglione dell'uomo che rema nella barca de La caccia all'anitra in laguna. E' un rosso mattone, una terra... cerco la terra... cerco un appoggio...
 
Oggi 19 luglio 2007 sono in studio e riguardo i due quadri dipinti fino ad ora per questo progetto. Mi accorgo che sono tutti e due rossi e che anche quest' ultimo verso la fine sta andando verso il rosso... Parto dal rosso e ritorno verso il rosso. Mi viene un desiderio. Far sì che anche gli ultimi due quadri che mi rimangono da dipingere, e questi ultimi strati della stanza del Longhi finiscano, diventino, prendano la forma rossa.... che si spostino, che protendano verso il rosso... Ecco allora che quando entro nella stanza del Longhi in Querini alla ricerca dei miei prossimi colori, tenendo a mente questo desiderio, questa voglia, questa idea, comincio a guardarmi attorno e sposto gli occhi da un rosso all'altro... E con rosso intendo anche rosa, arancio, o qualsiasi tipo di rosso, rosa, ecc. Comincio con il rosso, Il rosso è sempre la mia origine, il mio principio, l'inizio della mia pittura. Ormai è diventato il modo in cui imprimo la tela, preparo la tela... ma stavolta concludo anche con il rosso. Ritorno al punto di partenza, ma in un altro modo, dopo aver percorso un altro viaggio.
 
Dodicesimo strato: la tappezzeria de "La Famiglia Michiel". Vado verso il rosso. Il rosso. Rosa tendenzialmente aranciato... Sono nel museo. Sono appena uscita dalla "mia stanza", mi dirigo verso gli ascensori. Cammino a testa bassa, guardo a terra il pavimento. Vedo il pavimento nella parte restaurata da Mario Botta. Su quel piano è di marmo rosa di Verona. Ecco il colore che ho trovato oggi nella tappezzeria del Longhi! E mi torna alla mente tutta la mia infanzia impregnata di quel marmo rosa, di tutta la città di Verona.
 
Tredicesimo strato:  la cintura della donna ne La Famiglia Michiel. Corallo – rosa – arancio. Squilla!
 
Quattordicesimo strato: sempre lo stesso colore. Lo cerco. Nello strato precedente ancora non funziona... Ora, in questo strato è più rosato, più rosa carne. Vediamo quando si asciuga...
 
 
Quadro 4. Sala dei ritratti
 
Primo strato: cerco, cerco... un rosso per cominciare. Ho staccato da un paio di mesi il pennello dalla tela e ripartire da ciò che conosco mi da sicurezza, la possibilità di ripartire senza "pensiero". Quindi lasco fluire la mente e i sensi nella ricerca di un rosso... Sono nella Stanza dei ritratti. Non penso. Lascio che l'occhio si sposti velocemente e si posi istintivamente, che sia lui a trovare e a far entrare... Come una finestra aperta. Ecco! Veste del Ritratto del Procuratore Giordano di Sebastiano Bombelli. Rosa scuro carminio rosso chiaro carminio.. Io ci metto un po' di lacca di garanza...
 
Ciò che scrivo di ogni singolo olore su questo diario è sempre prima che io faccia il colore e lo stenda sulla tela. Le parole nascono dentro la Fondazione Querini stessa o appena dopo il tragitto dalla Fondazione al mio studio. A documentare invece ciò che il colore "diventa" c'è il diario elle annotazioni di colore. Pennellatine di colori che metto su un pezzettino di carta dopo averlo steso sulla tela.
 
Secondo strato: terra di Siena bruciata. Risvolto dello strappo della manica che scopre la spalla del Filosofo (già creduto Leucippo) di Luca Giordano.
 
Terzo strato: bluette – verdastro. In contrasto con il viola per creare il cangiante della manica del Ritratto di Polo Querini Stempalia di Sebastiano Bombelli.
 
Quarto strato: viola prugna melanzana. L'altro colore del cangiante della manica del Ritratto di Polo Querini Stampalia... una cosa porta a un'altra... un colore porta ad un altro colore... senza progetto, come un flusso.
 
Quinto strato: incarnato del Filosofo (già creduto Leucippo) di Luca Giordano. La guancia e la spalla. Incarnato pallido molto chiaro ma tendente al rosa – grigiastro.
 
Sesto strato: sempre il suo incarnato, ma stavolta le sue guance paonazze.
 
Settimo strato:  la pagina bianca dei due ritratti dei filosofi di Luca Giordano.
 
Ottavo strato: velo trasparente sulla pelle della gentildonna di Giuliano Forabosco. Trasparenza sulla carne.
 
Nono strato: rosso vermiglione. Fiocchetto rosso che lega la collana al collo del Ritratto di Gentildonna di Forabosco.
 
Decimo strato: rosso lacca di garanza scuro, sporcato un po' di bianco e carminio. Mantello del Ritratto di Polo Querini Stampalia di Sebastiano Bombelli.
 
Undicesimo strato: velluto porpora. Magenta scuro vellutato. Veste di Ritratto di Magistrato di Sebastiano Bombelli. 
 
Sono verso la fine del quadro. Mi vene in mente di ritirare fuori il quadro della Sala di Palma il Giovane. Mi sembra che dove sto andando con il quarto quadro mi porta ad una similitudine con il primo... è come se il rosso a cui tendo ora si mettesse in relazione con quel quadro, ma volesse allo stesso tempo differenziarsi... allora è necessario riguardarlo, riprenderlo per trovare le reciproche unicità.  Riprendo in mano il primo quadro. Tiro giù l'altro e riappendo il primo alla parete. Con il primo vado più verso il viola. Evidenzio di più una parte violacea. Magenta – violaceo. Aggiungo quindi un dodicesimo strato al quadro numero 1. Non mi fisso su un colore della stanza. Mi riferisco piuttosto ad un umore di quella stanza. E continuo a muovermi tra la stanza di Palma e quella dei Ritratti. Avanti e indietro. Torno al quadro 4.  Lo riappendo al muro.
 
Dodicesimo strato: riprendo un senso di rosso. Un rosso vellutato e morbido. Lacca di garanza + Permanent Rose + Quinachrone.
 
Tredicesimo strato: un altro velo di colore uguale al precedente
 
Quattordicesimo strato 14: ancora.
 
Quindicesimo strato: e ancora.
 
Quadro 5. Sala Jappelli
 
Primo strato: quadro di Antonio Storm. La partenza del Bucintoro. Rosa. Rosa antico. Rosa carne. Rosa di Palazzo Ducale. Rosa salmonato. Rosa caldo. Mi viene in mete il rosa delle poltrone della fenice. Nel quadro: le bandiere dei balconi, sugli alberi delle navi, la luce generale diffusa sui edifici. Anche un po' rame, un po' avventurina, un po' aranciato, un po' pietra di sole...
 
Secondo strato: Pietro Tempesta. Il Guado, La caccia al cervo, La Tempesta. Tre quadri. Un verde muschio sparso qua e là nei tre quadri.
 
Terzo strato: Antonio Storm. La partenza del Bucintoro. Azzurro, verdastro del cielo.  
 
Quarto strato: Battaglia di Matteo Storm. Bianco, bianco – grigio, bianco – argento trasparente, aereo, fumoso, atmosferico, non piatto. I sederi dei cavalli in primo piano, le nuvole, le nubi di fumo prodotte dagli spari, le mura con i torrioni, i cagnolini, i riflessi delle armature.
 
Quinto strato: Matteo Storm. La Battaglia. Azzurro scuro, blu. Piume sui cappelli dei tre trombettisti in primo piano.
 
Riprendo il  quadro 3, sala del Longhi. Riprendo il quindicesimo strato e ritorno al rosa a arancio. Al rosa della tappezzeria, della cintura... Vado e torno da un quadro al'altro in un flusso continuato. Questi 5 quadri si uniscono sempre di più. I colori si muovono dall'uno all'altro e i pensieri "colorati" si spostano organicamente. I cinque dipinti si fondono. E diventano come un unico lavoro. Torno al quadro 5 della Sala Jappelli.
 
Sesto strato: eccomi qui. Riprendo questa stanza. Azzurro del cieo grigiastro chiaro che c'è nei tre quadri di Muller e nelle Battagli di Storm.
 
Settimo strato: Pietro Tempesta. ll Guado. Violetto tendente al rosso molto chiaro della blusa della donna con bambino sulla carrozza.
 
Torno al quadro 3. Sedicesimo strato: ancora con il Longhi... e ancora ritorno a quel rosa carne, ma lo scaldo ancora di più...
 
Quadro 5, ottavo strato: Antonio Storm, La partenza del Bucintoro. Rosso della figura in basso a destra. Il suo mantello in ombra. Rosso scuro carminio, quinachrone.
 
Nono strato: rosso vermiglione e poi sarà carminio... Lacca di garanza più scura, più chiara... In tanti punti:  ne La Battaglia di Storm, le giubbe dei soldati, la sella dei cavalli; nei tre quadri del Tempesta, le camicie, le giacche, i pantaloni, un cappello; in Antonio Strom, La Partenza del Bucintoro, parti delle gondole, i cappelli, le vesti, i mantelli, le gonne; in Matteo Storm Accampamento militare, drappi, giubbe, pantaloni. Una costellazione di rossi che mi circonda in tutta la stanza. Tanti piccoli punti, tante piccole stelle... un arcipelago di rossi.
 
Decimo strato: sempre i rossi sparsi quà e là. Stavolta un rosso più scuro.
 
Undicesimo strato: rosso ancora. Ma oggi aggiungo carminio alla tazza...
 
Dodicesimo strato: rosso ancora. Parto da ciò che rimane nella tazza e aggiungo rosso cadmio chiaro.
 
Parlo attraverso il colore. La mia parola è il colore. Lasciare uscire in un flusso libero le parole... e poi osservare, ascoltare... lasciarsi andare al piacere e all'ascolto. In questo mi sento vicina al lavoro che sta facendo la Meri. Stiamo camminando su due strade parallele.

(Scritto nel 2007)
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